Apostrofo galeotto

Dopo la torrentizia doccia, lo so che l’aggettivo pare incongruo ma chi c’era può testimoniare, di venerdì scorso a Colorno, che mi è costata pure febbre raffreddore e mal di gola e dopo il doppio incidente a Sorbolo, sabato mattina, oggi un fatto simpatico: uscito dal Comando in compagnia del collega “ciuffoassassino” Carmine, sono stato fermato da una giovane studentessa di prima media che, assieme ad un paio di docenti ed un compagno, mi hanno chiesto un’intervista sulla legalità.

Ovviamente avrei voluto sottrarmi, ma la cortesia è un’arma cui difficilmente riesco a resistere per cui mi sono rassegnato al supplizio, che tale è stato, visto che sono stato pure videoregistrato.

Ora vengo al fatto curioso: prima di rispondere dovevo leggermi le domande, per cui la ragazza mi ha porto un suo voluminoso quaderno a quadretti; mi accingo a leggerle quando noto qualcosa di strano, mi fermo, le chiedo che classe frequenta e lei risponde, tranquilla la prima media…

Beh la faccio breve: la prima domanda iniziava con l’articolo indeterminativo “un” seguito da aggettivo e nome maschili; purtroppo tra l’articolo e l’aggettivo ci stava un orribile apostrofo; la ragazza risponde alla mia nota dicendo che non l’aveva scritte lei le domande, ed in effetti la signora, presumo una docente, che l’accompagnava dichiara di essere stata lei, l’autrice.

Proseguo quindi la lettura ed in fondo, in cauda venenum, mi trovo un “qual’è” che conferma l’inimicizia dell’autrice con il malevolo apostrofo; faccio notare che gli errori sono due, la signora rilegge e non convinta chiede dove stia il secondo; le indico il luogo ma ottengo in risposta un “non è errore, va bene scritto con l’apostrofo”.

Obietto cortesemente che si tratta di un troncamento e non di un’elisione e quindi l’apostrofo non serve ma la signora, non convinta, mentre io procedo nell’intervista, smanetta sul cellulare in cerca di un conforto grammaticale, che non arriverà.

L’intervista era dedicata alla legalità con richiesta di commentare alcune frasi di Papa Francesco e don Ciotti; una delle domande era: “qual è il tuo grido di battaglia sulla legalità”; mi sono permesso di citare Freud e la questione della bonifica dello Zuiderzee; preferisco un’opera di pace piuttosto che guerresca; a far la guerra si rimane fissati e si rischia di diventare insopportabili santoni e maestri di vita, di quelli che dispensano benevolmente sapere dall’alto della loro dirittura morale, come ce ne sono tanti ancora, nella sinistra italiana (e fanno pietà).

Dopo esserci congedati, ho pensato all’amico Francesco Gallina, alla sua acribia ed immaginavo la scena con lui protagonista al posto mio: ho trovato la situazione particolarmente simpatica.

Credo che la mia maestra e, non meno, la professoressa di italiano delle scuole medie, mi avrebbero bastonato (benevolmente e metaforicamente) per quell’apostrofo; me ne scappò uno, dopo qual, in terza liceo e mi costò, ipso facto, un bel 4 (l’unico), di cui ancora provo vergogna, sebbene ben meritato.

PS: ho scoperto poi che non si trattava di una professoressa ma di una coordinatrice del progetto sulla legalità.

Apostrofo galeotto.

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