quinquennio a Modena

In vari momenti ho dubitato seriamente di arrivarci, pensando a oscuri orizzonti di morte precoce (che non escludo), ma è arrivato il tempo.

Oggi, 15 dicembre 2015, si compie il quinquennio a Modena: sono 5 anni che lavoro (anche se da quasi un paio in comando altrove) come dipendente del comune di Modena.

Da domani potrei chiedere la mobilità che sino ad ora era preclusa dal contratto a suo tempo sottoscritto; non cambia nulla, in verità, poiché oggi tutto il pubblico impiego è bloccato e non ci sono sbocchi possibili, ma il tempo è compiuto.

Il conto alla rovescia che avevo inserito anche nel sito (poi tolto perchè appesantiva inutilmente) e che tanto scandalizzava la mia vice comandante (un’ottima persona con la quale non sono mai riuscito a legare veramente), è giunto al termine.

Mi torna in mente, primo tra tanti, il collega Paolo Piccinini, al quale venni dato in affido temporaneo.

Iniziai come responsabile del quartiere quattro, tutto sommato un buon quartiere, dicevano i colleghi, affiancato a quel sant’uomo di Paolo che è sempre stato cortese, disponibile e paziente; non mancai allora, nè vengo meno oggi, al senso di stima e gratitudine verso un collega diventato ben presto anche un (lavativo) amico.

Ricordo anche quel mix di entusiasmo e preoccupazione che mi accompagnava in un’esperienza tanto diversa dalle precedenti perchè ho capito da subito che lavorare a Modena non era, manco lontanamente, equiparabile a lavorare a Rimini: due universi non comparabili.

Mi viene in mente un episodio particolarmente curioso che vide protagonista un collega che chiese ed ottenne di essere presto trasferito ad altro incarico (non rimpianto); ci trovavamo in auto, in tre, non ricordo il terzo ma questo mi disse una frase del seguente tenore: “tu devi essere un cristiano, uno di quelli che va in chiesa tutte le domeniche”; poiché non avevo avuto occasione di parlare delle mie frequentazioni domenicali, chiesi con una certa curiosità per qual motivo il collega mi pensasse cristiano frequentante.

La risposta mi lasciò stupito: “non bestemmi e non dici parolacce quindi devi essere uno che va in chiesa”; ricordo che anche l’altro collega (adesso mi è tornato alla mente il terzo componente dell’equipaggio) sostenne questa tesi.

Non negai, ci mancherebbe, le mie frequentazioni domenicali ma obiettai con candore che, forse, per quello bastava essere … educati, non era necessario nulla di più.

Gli uomini in divisa di Modena sono, fortunatamente, ben altro: da molti di questi ho imparato tantissimo e li ho conosciuti e stimati (stima che continua tuttora) come persone serie, corrette, cortesi.

Riuscii ad inserirmi abbastanza bene anche se non senza una qualche difficoltà dovuta, almeno in parte anche ad una certa estrosità esuberante che mi ha sempre caratterizzato, che fossero le mie meravigliose sciarpe o il linguaggio colorito coi soprannomi che ho affibbiato a non pochi.

Non so quale sarà il mio futuro, se tornerò a lavorarci, a Modena, o se arriverà il momento di separarmene definitivamente, quel che è certo è che mi sono fatto un bel bottino di ottimi rapporti che sono ancor oggi un patrimonio che custodisco gelosamente.

Inutile dire che l’avere incontrato e l’aver lavorato con persone quali Elisa, Andrea, Cristian, Claudio, Paolo, Fiorella, Sabrina, Franco, Nicola, Gianluca, Giorgio, Alex, Claudia, Alberto, Giuseppe, Francesco, Enrico, Chiara Christian, Mauro, Fabio, Roberto, Francesco, Luca è stata un’esperienza impagabile e ne ricordo solo alcuni, mi scuseranno i tanti altri.

A ciascun collega vanno, oggi, i miei affettuosi saluti.

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