Durante la trasferta cesenate ho approfittato di un po’ di tempo libero per visitare alcuni siti che nei sette anni di lavoro in quella città avevo bellamente ignorato.
Chiese, com’è ovvio, in particolare e tra queste la famosa Abbazia di Santa Maria del Monte che ho raggiunto a piedi. Molto bella, mi ricorda, gli esperti non me ne vogliano, le decorazioni del Duomo di Parma di Correggio; ho scoperto navigando in internet che l’autore della cupola è tal Giuseppe Milani da Parma.
Mi è piaciuto tutto, anche i chiostri che un cortese signore mi ha permesso di visitare.
Mi è venuta un po’ di tristezza pensando ai lavori che urgono per mantenere viva una struttura grande come il complesso abbaziale ma soprattutto pensando all’esiguità dei monaci che ancora sono presenti.
Sembra che il carisma benedettino, che per tanti secoli ha illuminato il mondo, non sia più in grado di interessare i giovani e nemmeno i meno giovani. Non mi dispiacerebbe, una volta in pensione (sono spiritoso vero? come se potessi sperarci nella pensione), ritirarmi a vivere in un monastero.
L’idea dei beni in comune, del lavoro e della preghiera mi affascina: il monaco non va mai in pensione, non ha l’idea della pensione perchè il suo lavoro non è soltanto quello del sudore della fronte (dal quale potrebbe, ad una certa età, astenersi).
Direi del monaco che può essere considerato un coltivatore, anzi un cultore, uno che non aspira a cambiare il mondo perchè si interessa di cambiare sè stesso.
Si dedica all’Opus Dei che è anche opera dell’uomo nella misura in cui il monaco lavora per stabilire il regno del Padre in terra, tanto che l’abbazia, così circondata da mura cos’altro è se non la ricostituzione del paradiso terrestre, anzi, meglio, la costituzione del paradiso che ha da venire.
Il monaco anticipa su questa terra i rapporti come saranno in paradiso: lavoro fisico e di pensiero, rapporti di pace e correzione fraterna, astensione dalla “sessualità”.
Bella anche la chiesa di San Domenico.
