Sogno matematico

Un sogno matematico, nella notte tra il 29 e 30 settembre 2017.

Si tratta di fare un compito di matematica, un’espressione che sembra molto semplice apparentemente: una espressione corta e semplice.

Sono a scuola e c’è qualche problema: tutti criticano l’espressione perchè non è riuscita a nessuno, era troppo difficile o non era chiara (forse qualcuno sta provando a svolgerla alla lavagna – come nell’interrogazione di fine primo quadrimestre in prima liceo).

Mi trovo in un’aula grande, con altre persone, potrebbe essere un’aula universitaria e credo si parli ancora di questa espressione, ma non ne sono sicuro; quindi entro io, è il mio turno: siamo in un angolo perchè l’aula è davvero grande.

Dall’altra parte c’è la mia ex insegnante di inglese, la Gabbi, e non so se si parli di vacanze oppure mi presenti una ragazza, credo una ragazza che ha alla sua sinistra, però c’è anche un ragazzo alla sua destra, la scena non è chiara.

Si comincia a parlare di cose che non ricordo, forse anche di questa espressione che credo di avere difeso o spiegato, e penso di avere preso un quaderno o un foglio e iniziato a scrivere delle cose.

Non ricordo se avevo preparato come difesa il fatto di avere una cugina che ha preparato il bilancio della grande industria in cui lavora ed un cugino preside di facoltà scientifica, persone che queste cose le conoscono e coi quali mi ero confrontato; in realtà non so, però, se svolgo questa difesa, non credo, probabilmente l’ho solo pensato.

La Gabbi mi fa parlare soprattutto col ragazzo, con cui tratto di un argomento diverso; in ogni caso io sono in piedi e dico: “sono le pause,  sono l’intonazione e le pause quelle che mi fanno problema”; comincio a declamare o a provare a declamare e interpretare un brano che credo di Shakespeare ma che in realtà è di Eliot e che dice così: “Pace! lasciatele nella loro esaltazione! esse sanno e non sanno che l’agire è patire e il patire azione” ma forse sbaglio il finale o sono indeciso e comunque lo riprovo un paio di volte.

La scena adesso cambia e sono con Umberto e con altri colleghi giovani, in un piazzale, dove c’è anche la polizia; vedo un ragazzo, forse un collega, che attraversa il piazzale (forse di corsa o forse no) ed un poliziotto che subito lo ferma perchè non si può muovere nessuno che non sia stato identificato o qualcosa di simile.

Ricevo quindi una chiamata via skype da un numero strano, tipo una I, ma io capisco che è mio cugino Andrea, allora lo richiamo e lui mi dice di essere in zona stazione e di essere entrato in una stradina per pochi metri, ma forse non si poteva e gli hanno fatto la multa o l’hanno  fermato.

Io gli dico che cercherò di andare da lui; durante il tragitto lo richiamo per chiedergli se è lì ma lui risponde che no, si sta muovendo per cercarli, i miei colleghi che evidentemente non sono più sul posto, ma comunque è sempre in zona.

Noi partiamo, in auto, facendo una strada strana, salendo su un colle e girando a destra, come se fossimo sul colle di Covignano ed io chiedo a Umberto e agli altri colleghi  che strada stiamo facendo, perchè dobbiamo andare in stazione. Mi rispondono che va bene anche quella, di strade,  e io commento stupito.

Ora siamo sul tragitto, ma fermi nel cortile di un nostro distaccamento.

Forse prima Umberto mi dice: “se torni qui a lavorare ti faccio mettere con me al seggio” ed io rispondo che a Colorno era tutto diverso.

Alla richiesta di sapere come mai io ribatto “non so, ma c’era una responsabile che pagava solo quelle ore e voleva solo quelle persone, tant’è che domenica pomeriggio il comandante stava lì a disposizione a far nulla e lei gli aveva detto che non avrebbe pagato le ore” o qualcosa del genere.

Mentre io esco a piedi dal cancello di questo palazzo o villa, sta arrivando, in salita, un motorino condotto da una bella ragazza dai capelli lunghi e che indossa un paio di short molto corti e sta facendo fatica.

Decido di darle l’alt per controllarla e sembra che lei voglia venirmi addosso; le faccio segno di fermarsi a destra e lei si ferma: le chiedo i documenti e non li ha, le chiedo l’assicurazione e lei risponde di non avere manco quella; le diciamo allora che dovremo sequestrare il motorino e lei risponde “trattamelo bene” guardando qualcosa (ma non so cosa).

Mentre lo tocco scopro che il motorino è in realtà un piccolo quad e non un motorino come avevo visto prima; comunque le rispondo: sì, sì, tanto abbiamo la depositeria che lo tiene in custodia e c’è gente che lavora bene.

Io rientro per andare a prendere i verbali e c’è un collega, Perrone, che dice: “quello è trans o un fr … one, si vede lontano un km” allora mi giro e gli dico: “beh che problema c’è? si sa che io sono esperto in materia perchè ne ho già parlato con Giovanni (Balocchi?)”: lo dico senza vergogna perché sono esperto, poi vado, apro una macchina, mi ci infilo dentro, come se mi calassi dall’alto, prendo un borsone, il verbale di contestazione e quello di sequestro e, mentre esco, noto che hanno i nomi della Relandini e di un uomo che non riesco a ricordare chi sia, ma che vanno bene lo stesso.

Parma, 30 settembre 2017 memoria di san Girolamo

 

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