Sessualità e nazionalismo

Dopo il bellissimo volume dedicato al mito dell’esperienza di guerra, George L. Mosse mi ha sedotto con un’altra su opera dedicata ad un tema che è non meno importante ed affascinante, il rapporto tra la sessualità ed il nazionalismo, questo è anche il titolo dell’opera, appunto, Sessualità e Nazionalismo.

Non mi ci metto nemmeno ad elencare i motivi per cui vale la pena leggerlo, sarebbe tempo sprecato; io l’ho iniziato da tempo; purtroppo i vari impegni me ne rallentano il procedere, ma ogni pagina è un gustoso assaporare il clima di un’epoca che ha inciso fortemente anche su quella in cui ho vissuto da ragazzo.

Mi proverò, anche stavolta, a farne una sintesi, capitolo per capitolo; qui di seguito propongo l’introduzione, che è il fecondissimo piano stesso dell’opera.

Il libro si occupa di nazionalismo, sessualità, Stato e nazione, indicando le relazioni tra il nazionalismo, la più forte ideologia dell’età moderna e la rispettabilità ovvero sia gli usi e costumi ritenuti decenti e adeguati sia l’atteggiamento nei riguardi della sessualità.

Il moderno nazionalismo,  come la rispettabilità e la sua collegata idea di sessualità iniziano ad emergere e a definirsi nel XVIII secolo; il nazionalismo ha fornito un sostegno costante ed essenziale allo sviluppo dell’idea di rispettabilità che ha influito su concetti che hanno condizionato la nostra società quali l’ideale di virilità, il ruolo femminile e ha stabilito chi fossero gli integrati che accettano le regole sociali e gli estranei che vengono considerati malati o anormali.

La sessualità è l’oggetto principale della ricerca perché è determinante per il comportamento umano e poiché condiziona la nozione etica di rispettabilità, sia ancora perché incide sulla sensibilità estetica.

Il concetto di sessualità ossessionò la società borghese e il nazionalismo: all’inizio venne ammesso, poi frenato, quindi deviato dal dato fisico agli ideali di bellezza di entrambi i sessi.

Il volume è dedicato, in particolare, alla Germania perché lì il tentativo di dirigere e controllare la sessualità raggiunse gli estremi con l’operazione nazionalsocialista di rigenerazione della rispettabilità, ma si occupa anche dell’Inghilterra che funge da paragone e contraltare: due nazioni protestanti che furono condizionate, significativamente, dalla ripresa evangelica del XVIII secolo.

Pietismo ed evangelicalismo ebbero importante incidenza sulla nozione di rispettabilità che si allargò a tutto il continente e divenne patrimonio di tutte le classi sociali, non più esclusiva del movimento borghese che l’aveva adottata all’inizio; ma fu in Germania ed in Inghilterra che  si strinse questa santa alleanza che guardò al controllo della sessualità come elemento indispensabile della rispettabilità e addirittura irrinunciabile per l’esistenza stessa della società borghese.

Gli usi e costumi, come pure le norme sessuali, subirono mutamenti tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo. Quello che ognuno considera come un comportamento sessuale o anche di altro genere, normale o anormale, è un prodotto dello sviluppo storico e non una legge universale. Ad esempio è stato dimostrato recentemente che l’omosessualità era tollerata e anche rispettata in influenti importanti circoli dell’alto medioevo e solo in seguito considerata un pericolo per la Chiesa e lo Stato. Anche la parola di Dio subì dei cambiamenti: nel 1782 Sarah Kirby Trimmer curò un commento della Bibbia consono al nuovo ideale della rispettabilità; altri ne seguirono tanto che il termine “bowdlerizzare” entrò nella lingua inglese con significato di espurgazione di un libro, con omissioni o modifiche delle parti ritenute indelicate; Thomas Bowdler curò l’edizione del Family Shakespeare, nel 1807, da cui eliminò quei brani  “che non potevano essere letti per decenza ad alta voce in una famiglia”.

Soltanto due secoli fa, alcune abitudini che oggi guardiamo con perplessità, erano comuni all’aristocrazia e non solo; continuavano ad essere in vigore modelli convenzionali di comportamento ma la rispettabilità che determina le attuali nozioni di sessualità, si basa su atteggiamenti non sempre accettati prima dell’ultimo secolo lo stesso concetto di rispettabilità fece parte del nuovo complesso di atteggiamenti nei confronti del corpo e della sessualità che trionfò solo nel XIX secolo.

La rispettabilità finì per regolamentare anche i modelli di comportamento che non avevano a che fare con la sessualità, quali i comportamenti a tavola, fondandosi su un atteggiamento coerente nei riguardi del corpo, delle sue qualità sensuali e delle sue funzioni sessuali: la decenza si riferiva sia al modo di stare a tavola, sia al decoro relativo alla moderatezza, alla purezza e alla pratica della virtù.

Gli usi e costumi moderni furono in gran parte il risultato del risveglio religioso del tardo seicento e del settecento; questo processo fu accelerato dalla affermazione del pietismo in Germania e dell’evangelicalismo in Inghilterra e coincise col trionfo delle classi medie oltre a essere congeniale alle loro esigenze e paure.

Le classi medie caratterizzarono il loro stile di vita sull’ideale della rispettabilità che era strettamente legato alle loro attività economiche: con la rispettabilità, e lo stile di vita basato su frugalità, devozione al dovere e freno delle passioni, esse si distinguevano dalle classi inferiori, considerate indolenti, e dall’aristocrazia, ritenuta dissoluta.

Di questo stile di vita si appropriarono le classi medie ma poi divenne proprio dell’intera società, stabile ed ordinata.

L’evoluzione della rispettabilità iniziò molto prima, ma il risveglio religioso del XVIII secolo le assegnò un ruolo importante sia per quell’epoca che per il futuro: il libertinaggio della società di corte mise in risalto il comportamento casto e puro che i pietisti e gli evangelici predicavano.

Anche la morale e la teologia cattolica condannavano gli eccessi ma quando lo facevano si riferivano all’atto sessuale individuale, senza ricavarne conseguenze sulla personalità nel suo insieme o sul modo di vita; la teologia morale si concentrava sugli atti sessuali che impedivano la riproduzione: lo spreco di sperma o l’aborto, questi erano condannati come peccati capitali, gli altri comportamenti sessuali erano trattati con maggiore indulgenza e comprensione.

Il protestantesimo si era diviso in molte componenti nazionali e religiose, sia durante che dopo la riforma, e non aveva mantenuto quella severa unità di fermezza morale che aveva sostenuto la ribellione contro il papato; il risveglio del protestantesimo creò un fervore morale che unì luterani, anglicani e calvinisti contro il mondo non redento; evangelicalismo e pietismo non coinvolsero tutti protestanti, e probabilmente nemmeno la maggioranza delle rispettive nazioni, ma il loro dinamismo e l’attrazione che esercitarono sulle classi medie, modificarono il clima morale dell’Inghilterra e del settentrione protestante della Germania.

Il comportamento divenne un’espressione della pietà interiore, della moderazione e del controllo delle passioni che il risveglio religioso predicava e che ben si addicevano allo stile di vita delle classi medie.

August Hermann Francke, uno dei fondatori del pietismo tedesco, nel 1722 invitava gli studenti a rifuggire dalla conversazione e dalle curiosità oziose durante i loro viaggi per allontanare ogni pretesto di dare scandalo; atteggiamenti e atti indecenti andavano evitati, così come la risata superflua; intrattenimenti profani e ornamenti personali furono condannati.

L’evangelismo inglese coltivava un sentimento di santità di tutte le relazioni consuete e di ogni comune dovere della vita: le relazioni sessuali furono private di ogni sensualità, matrimonio e famiglia dovevano basarsi sulla comune pratica della pietà; i peccati dovevano essere espiati con l’autoconcentrazione sulla propria vocazione.

Evangelismo e pietismo fornirono un codice etico intensamente emozionale alle rispettive nazioni.

La rivoluzione francese confermò questo risveglio morale e religioso perché fu considerata da molti inglesi e tedeschi come il giudizio di Dio che puniva le dissolutezze della nobiltà; le guerre contro la rivoluzione e Napoleone intendevano difendere patriottismo e moralità che ormai stavano determinando la direzione della nuova autocoscienza nazionale.

Le guerre scatenarono crociate puritane che dovevano sostenerle, circoscrivere la rivoluzione al paese d’origine e insieme diffondere la verità evangelica, nonostante che in molte crociate gli evangelici fossero in minoranza.

In Germania, la coscienza nazionale, riaccesa dalle guerre di liberazione contro Napoleone, si legò anche al progresso dei costumi: il simbolo della Prussia sconfitta da Napoleone, fu la regina Luisa, esempio di verginità e purezza; nel 1810, alla morte, quest’ultima, venne considerata una santa laica e la sua maschera funeraria venne stilizzata in un quadro detto della Madonna prussiana.

Gli ideali di mascolinità e virilità diffusero l’immagine del maschio tedesco come inseparabile dalla moralità delle classi medie; questi ideali trovarono nelle guerre della rivoluzione francese l’occasione per esprimersi.

La realtà della rivoluzione francese era ben diversa dall’idea di vizio che ne avevano i suoi nemici: i giacobini erano dei puritani non diversi dagli evangelici e dai pietisti (Saint-Just sosteneva che la Repubblica era una forma di governo basata sulla virtù); prostituzione e pornografia erano combattute, perché i giacobini ritenevano che l’eliminazione del giudizio fosse parte della difesa della rivoluzione e della nazione.

Robespierre proponeva rigore morale e accusava i girondini di non volere altro che la felicità e di essere dediti solo al piacere. I giacobini, diversamente dai loro avversari, restavano nell’ambito della tradizione illuminista: il corpo umano non era considerato con vergogna ma era tracciata con precisione la distinzione tra virtù e vizio e tra comportamento normale e anormale; essi infatti abbandonarono l’idea iniziale di riconoscere per legge l’uguaglianza legale ai figli legittimi.

Marianna, simbolo della rivoluzione, era inizialmente rappresentata come parzialmente svestita, ma venne ben presto rivestita e ritratta serena; la rivoluzione segnò una tappa del radicamento della rispettabilità in Francia, e, nella reazione che scatenò, incoraggiò la pratica della virtù tra i suoi nemici.

Un altro contributo all’affermazione della rispettabilità venne dal romanticismo: la rinascita romantica dell’ideale medioevale portò un’immagine di ordine che si contrapponeva al caos della modernità; la cavalleria fu definita, da Sir Walter Scott, come le libertà individuale al servizio dell’ordine sociale.

I romantici confusero la propria idea di rispettabilità con le abitudini in vita di un’epoca molto più semplice (come si vede in Ivanhoe e Robin Hood): l’idea di ordine proposto era un modello cui aspirava la borghesia e che vedeva minacciato dagli estranei che rifiutavano la rispettabilità e la società ordinata.

La rispettabilità cominciò a irrobustirsi nei primi decenni del nuovo secolo e trionfo nel corso di una generazione: “La buona società odia le scenate, bandisce, come cattive maniere, ogni eccentricità dei modi e l’eccessivo esibizionismo nel contegno”; un trionfo così rapido si dimostrò anche duraturo, la prima guerra mondiale non cambiò lo stato delle cose e la rispettabilità continuò ad essere un fondamento della società.

La rispettabilità che aveva accompagnato il trionfo della borghesia servì a legittimare e distinguere le classi medie da quelle inferiori dell’aristocrazia e, nel XIX secolo, offrì quella stabilità in mezzo ai continui mutamenti che la stessa borghesia aveva causato: l’industrializzazione era disorientante per cui servivano strutture stabili, che offrissero sicurezza, quali la natura, la nazione o la fede religiosa.

La battaglia ottocentesca per il controllo del sesso fu un aspetto dello sforzo di fronteggiare i risultati dell’industrializzazione e dell’agitazione politica; per imporre la moderazione la società aveva bisogno di rafforzare le tecniche dei medici, degli educatori e della polizia; il punto d’appoggio ideale per contenere gli ardori sessuali fu il nazionalismo che fece propri usi e costumi della classe media e diffuse la rispettabilità di tutte le classi sociali sebbene queste si disprezzassero e odiassero l’un l’altra.

Il nazionalismo fu di aiuto alla rispettabilità per ricondurre sotto controllo tutte le sfide che le erano avanzate, allargando eventualmente i parametri, ma senza mai intaccarne l’essenza.

La minaccia più seria che attaccò la rispettabilità, prima della prima mondiale, fu la rivolta della generazione borghese più giovane.

Il nazionalismo è stato la più forte ed efficace ideologia contemporanea e la sua alleanza con la morale borghese attivò un meccanismo difficile da arrestare; esso cercò di cooptare la maggior parte dei più importanti movimenti dell’epoca, di assorbire tutti gli uomini ritenuti importanti, restando però fedele a certi miti e simboli immutabili: comprese liberalismo, conservatorismo e socialismo, sostenne sia la tolleranza che la repressione sia la pace che la guerra, a seconda dell’utilità dei propri fini del momento; non venne mai meno, però, al proprio patrocinio della rispettabilità.

Il nazionalismo servì a controllare la sessualità e fornì gli strumenti per inserire gli atteggiamenti sessuali nell’ambito della rispettabilità, inoltre creò una propria dimensione della sessualità, sostenendo uno stereotipo della presunta bellezza “impassibile” sia maschile che femminile.

L’alleanza tra nazionalismo e rispettabilità nacque verso la fine del XVIII secolo, ma non vi fu mai la loro fusione, in effetti una componente del nazionalismo, che intendeva rivitalizzare politica e società, cercò con insistenza di modificare la rispettabilità, ma la sua forza si esaurì quasi subito dopo le rivoluzioni del 1848.

La distinzione tra normale e anormale è alla base della rispettabilità e del meccanismo che insieme rafforza il controllo e offre sicurezza; le definizioni cliniche di sessualità normale e anormale si accompagnarono al progresso del concetto di rispettabilità e diventarono costanti e inflessibili simboli di malattia e salute, mentre in precedenza erano state usate in maniera abbastanza vaga dalla teologia morale cristiana: il medico sostituì il prete quale custode della normalità (con tutta la cieca inflessibilità che la scienza si arroga, aggiungo io).

Aspetto e carattere di ogni individuo furono classificati come normale o anormale: il nervosismo sarebbe derivato dalla pratica del vizio, mentre la virtù si sarebbe espressa nella virilità e in un contegno maschile; il nazionalismo fondò su questa mascolinità i propri stereotipi nazionali.

L’eccitazione sessuale considerata indegna dell’uomo e antisociale, il mancato controllo delle passioni era segno o avrebbe portato all’anormalità (come sosteneva Richard von Krafft-Ebing).

Il nazionalismo rafforzò il controllo sessuale deviando le passioni verso mete più alte e creando un ideale di bellezza trascendente la sessualità.

La masturbazione fu considerata la prima causa di ogni perdita di controllo, di ogni passione amorale; si credeva riflettesse una fantasia troppo eccitata, nemica della temperanza e si pensava causasse nervosismo e perdita di vigore; era considerata in sé un atto antisociale: chi si masturba pratica un vizio solitario, non ama nessuno ed è sordo al richiamo della famiglia, della nazione e dell’umanità.

Si riteneva che la presunta passione del masturbatore per la segretezza, conducesse all’omosessualità, un altro vizio segreto, che si immaginava rigoglioso negli oscuri anfratti delle metropoli.

I medici sostenevano che un’anormalità conducesse a un’altra anormalità, così la masturbazione portava anche a varie forme di alienazione mentale, oltre a essere un pericolo per lo Stato che vedeva in coloro che la praticano dei potenziali cospiratori visto che la segretezza e la pratica solitaria isolavano dalla società.

A questo vizio era anche dedicata una sezione del museo delle cere privato, aperto a Parigi dal 1775, da J.F. Bertrand: questi rappresentava chi vi si dedicava come contagiato da malattie veneree, pallido in volto, occhi infossati, infiacchito nel corpo e nello spirito, estraneo all’idea del combattimento virile e della conquista sociale, ovvero l’antitipo dello stereotipo nazionale emergente.

Bertrand, mettendo sotto la protezione di Napoleone il suo museo, considerava matrimonio e famiglia bastioni contro il vizio, poiché la licenziosità e l’infermità erano diffuse da “scapoli viziosi”.

Il museo fu un vero successo almeno tra i presidi di alcune delle più prestigiose scuole di Parigi, anche se gli ignoti vandali, un giorno, distrussero le statue: esso fu comunque il primo museo della rispettabilità, adeguata introduzione a un secolo sempre più orientato verso la visione.

Sosteneva Bertrand che gli ardori giovanili “si contengono meglio con l’immagine di orribili malattie, piuttosto che con il piacevole ritratto della salute”: il terrore morale accompagnò l’ascesa della rispettabilità.

Pochi avevano prestato attenzione alla masturbazione prima del 1760; in quell’anno il dottor Tissot pubblicò L’onanisme, opera che ne additava i presunti pericoli, Voltaire rese popolare Tissot e Rousseau si unì al coro; l’opera fu tradotta in inglese nel 1772 e prese il posto del trattato del 1610 del dottor Bekker, intitolato Onania, or the heinous sin of self pollution, i cui ammonimenti erano stati perlopiù inascoltati.

Tissot era uno dei più famosi medici del tempo e nel combattere la masturbazione si richiamò alla armonia della natura invece di usare esempi biblici, era infatti un deista, un uomo dell’illuminismo, ammiratore di Rousseau: l’uomo è creatura di un dio casto e per questo ogni individuo deve seguire questa indicazione e questo controllo sessuale; al contrario il masturbatore, pallido, effeminato, svuotato di energie, minacciava la divisione dei sessi, il matrimonio e la famiglia.

In questo caso l’armonia naturale sostenuta dall’illuminismo sosteneva l’ideale della rispettabilità.

Vizio e virtù divennero argomenti di salute e malattia: per conservare la salute era necessaria buona volontà nell’obbedire ai dettami della natura, che sostenevano la rispettabilità; la malattia, al contrario, era conseguenza di crimini contro natura che, se non curati, potevano portare deperimento e morte.

Illuminismo e scienza medica accentuarono la distinzione tra vizio e virtù, tra integrati ed estranei già favorita dal risveglio religioso.

Dall’inizio del XIX secolo normale e anormale vennero fissati e definiti in un complesso di costumi, atteggiamenti, apparenze, qualità intellettuali; virilità significava libertà dalle passioni sessuali e sublimazione della sensualità nella guida della società e della nazione.

L’enfasi sulla virilità era stata una caratteristica del risveglio pietistico e evangelico che poi si rafforzò nelle guerre contro Napoleone; in Germania la virilità venne esaltata dal movimento di fratellanza e dai ginnasti, due movimenti di rinnovamento nazionale che si opponevano all’occupazione napoleonica della Prussia e si distinguevano per il rilievo dato alla bellezza del corpo e al vigore fisico.

La virilità non era solo questione di coraggio ma era divenuta un modello di moralità e di buone abitudini: comportamento e aspetto virili esemplificavano il superamento delle passioni più basse; questa mascolinità aveva le radici negli ideali medioevali di cavalleria, i cui simboli erano usati per definire gli atteggiamenti maschili nei riguardi delle donne e anche della cultura popolare creatasi intorno alle guerre moderne; il comportamento cavalleresco in battaglia era un segno di superiorità nazionale.

La virilità si fondava soprattutto sul recupero dell’antichità ellenica che accompagnò e completò l’offensiva della rispettabilità e l’ascesa del nazionalismo; il modello fu la scultura greca, descritta nel 1774 nella storia dell’arte antica di J.J. Winckelmann: statue flessuose ed elastiche, muscolose e armoniose divennero i simboli della mascolinità, della nazione e dei suoi giovani.

La bellezza della scultura greca fu considerata asessuale: l’accentuato biancore delle statue era visto come un elemento che le spogliava di ogni sensualità; secondo Walter Pater, Winckelmann, inoltre, collegò bellezza fisica e serenità.

Un commentatore francese sostenne che non ci fosse rapporto tra bellezza perfetta e desiderio di avere con essa relazioni sessuali citando tra le autorità, Winckelmann, il poeta August van Platen e Michelangelo, tre omosessuali, conosciuti come tali, ma la loro omosessualità fu ignorata pur di sostenere l’ideale di bellezza da loro designato.

Per quanto possa essere ironico che fu un omosessuale come Winckelmann ad adattare l’arte greca ai gusti delle classi medie e a fornire il modello dello stereotipo maschile nazionale, resta il fatto che nulla meglio della sublime semplicità e della quieta grandezza che egli scorse nell’arte greca fossero adatti a rappresentare l’immutabilità dei costumi e della nazione.

Un tale concetto di bellezza spogliava la gioventù della passione: grande successo ebbe la riscoperta della statua di Laocoonte strangolato dai serpenti, chiaro esempio di autocontrollo e di calma di fronte a un insopportabile tormento.

L’ideale greco, astratto e generale, si prestava a diventare un simbolo; Winckelmann, infatti, sosteneva che l’assenza di qualsiasi tratto individuale o accidentale fosse essenziale per la bellezza della scultura greca; questo simbolo fu però messo in dubbio perché la nudità della scultura greca avrebbe potuto minare  la rispettabilità. Hegel fu uno dei critici: infatti, pur elogiando l’ideale classico di bellezza quale sintesi di corpo in mente, pensava che dovesse essere depurato dalla sensualità attraverso la copertura degli organi sessuali e delle altre parti potenzialmente pruriginose del corpo.

Non solo la rispettabilità, ma anche l’autenticità storica diventò argomento per stabilire che cosa potesse rappresentare la bellezza classica; Friedrich Schlegel sosteneva che la coscienza nazionale era l’elemento indispensabile di ogni arte, a lui risposero Goethe e altri sostenitori di Winckelmann affermando che scopo dell’arte era rappresentare il genere umano: la bellezza classica trasformò l’individuo in un simbolo immutabile e universalmente valido.

Quando fu deciso di erigere un monumento al generale Blucher, Goethe propose di rappresentarlo come un Ercole nudo, al contrario Cristian Rauch proponeva di ritrarlo in abiti contemporanei; quest’ultimo ebbe la meglio, facendo appello alla coscienza nazionale tedesca e sostenendo che le imitazioni classiche avessero poco a che fare con i tedeschi, tuttavia i simboli germanici non cancellarono mai i richiami agli antichi perché assolvevano a funzioni diverse: i simboli storici erano utili per risvegliare l’autocoscienza nazionale mentre quelli classici offrivano uno “spicchio di eternità” che suggeriva l’idea di una forza immutabile elargitrice di sicurezza e protezione.

Le dimensioni storiche del nazionalismo trovarono molte forme di espressione simbolica, dai libri alla pittura, dal cerimoniale al ballo popolare; particolare importanza ebbe il gotico, con le statue medievali esemplari come il Bamberger Reiter; anche il modello greco giocò un ruolo importante nell’autorappresentazione nazionale ed infatti ispirò il disegno di molti monumenti nazionali e fornì lo stereotipo del tedesco ideale e della sua virilità.

Le donne furono rappresentate mediante simboli medievali piuttosto che attraverso lo spirito greco; la nudità delle sculture maschili greche, come aspetto dell’autorappresentazione della nazione, invece, non smise mai di preoccupare per la sua latente minaccia alla rispettabilità.

Il nazionalismo si impadronì di questo ideale di bellezza classica e cercò inoltre di fornire i simboli in cui la gente potesse identificarsi: bandiera, inno, movimenti nazionali, stereotipi nazionali maschili e femminili datano tutti all’inizio del XIX secolo, tutti simboli che soddisfacevano il bisogno di vedere e toccare, di prendere parte a una realtà che stava diventando sempre più complessa e sconcertante.

La nazione separò bellezza dalle passioni più basse e lo aiutò a divenire simbolo di autocontrollo e purezza; gli stereotipi nazionali e della classe media divennero identici.

Nel caso delle donne lo stereotipo, secondo il criterio di rispettabilità, divenne l’ideale del genere Madonna, costruito sulla regina Luisa di Prussia.

L’uomo bello era una fonte di maggiori preoccupazioni perché poteva diventare un simbolo di erotismo maschile; il nazionalismo, di conseguenza, cercò di rendere rispettabile anche questo, esorcizzando l’omoerotismo.

Nazionalismo e rispettabilità stabilirono ruoli per ciascuno; ogni confusione di ruolo, uomo e donna, normale e anormale, nativo e straniero, avrebbe comportato caos e problemi di controllo.

Essere maschio significava sentimenti intensi e serietà; al contrario essere femmina equivaleva a superficialità e frivolezza.

Ne è un esempio l’androgino o ermafrodito: nella prima metà del secolo rappresentava ancora simbolo di armonia ma, ben presto, divenne l’icona di un mostro connotato di ambiguità.

Otto Weininger, nel 1903, connotò il suo antisemitismo con la confusione dei ruoli: gli ebrei, incapaci di controllare le passioni, si comportavano come donne e non come uomini.

Quest’accusa rivolta anche verso altri destinatari, tutti coloro le cui pratiche sessuali erano ritenute anormali e in particolare l’omosessualità in cui il corpo di un uomo veniva utilizzato come quello di una donna, prestò sempre il fianco a questo tipo di critica.

La donna, seppur accusata di frivolezza, fu trasformata nell’ideale della custode, vestale di moralità, ordine pubblico e privato.

Una “simpatica” citazione fine del XVIII secolo ci segnala quale fosse il rapporto ideale, in famiglia: “portare ordine e quiete nella famiglia di un uomo è una maniera migliore di conservare un marito di quanto non lo sia il bell’aspetto”.

La donna come simbolo della nazione era custode dell’ordine ed esempio di virtù: bellezza e decenza sono inseparabili. Ogni ruolo assegnato alla donna la vedeva in termini passivi: protettrice, vestale, madre; se la forza era prerogativa maschile, alle donne spettava bellezza e buona creanza.

Queste descrizioni sarebbero apparse assurde alle aristocratiche del XVIII secolo per le quali bellezza era sinonimo di licenziosità.

Come simbolo nazionale la donna era custode di continuità e immutabilità della nazione, l’incarnazione stessa della sua rispettabilità.

Non a caso i poeti che celebrarono le guerre di liberazione tedesche contro Napoleone scelsero come simbolo Arminio piuttosto che Germania, quest’ultima era rappresentata spesso con un castello medievale sulla testa, lunghi abiti e sguardo rivolto al passato; anche Britannia, che indossava un’armatura, evocava comunque l’antichità; entrambe erano rappresentate sedute.

Se Marianna durante la rivoluzione francese e nel 1830 era sommariamente vestita, come la rappresenta Delacroix, non appena divenne un simbolo della nazione, fu coperta in maniera casta e moralmente accettabile: ideale della famiglia e simbolo pubblico si rinforzavano reciprocamente.

Il trionfo della famiglia nucleare coincise con l’ascesa del nazionalismo e della rispettabilità: si sviluppò nel XVIII secolo e sostituì i più antichi concetti di parentela.

La famiglia rimase patriarcale, il matrimonio fu rafforzato imponendo le nozze in chiesa e la registrazione; la famiglia nucleare dovette incoraggiare i legami sentimentali visto che il matrimonio non fu più considerato alla stregua di una transazione commerciale.

Industrializzazione e divisione del lavoro incisero sullo sviluppo della famiglia: affari economici e governo della casa si separarono, la padrona di casa smise di fare i conti, seguire apprendisti e articoli venduti e finì per sovrintendere soltanto al personale domestico: divenne motivo di prestigio la distanza tra posto di lavoro ed abitazione.

La famiglia ideale divenne il nido accogliente in cui rifugiarsi per trovare riparo dalle difficoltà e istituzione importante anche per lo stato che, infatti, regolamentò matrimonio e divorzio.

La famiglia svolse il ruolo di controllo della sessualità nei figli: tutta l’educazione era basata sull’insegnamento della virtù e sul rifiuto del vizio; assunse un ruolo centrale la funzione disciplinare del padre e in effetti nel XVIII secolo si pensava che la maledizione di un padre rivolta a un figlio ribelle fosse causa di rovina fisica e mentale di quest’ultimo; normalmente questa maledizione colpiva il figlio che non avesse scelto un coniuge appropriato o avesse deviato dalle norme sessuali accettate.

Nel momento in cui la famiglia nucleare iniziava ad affermarsi comparvero le bibbie e gli Shakespeare “per famiglia”, purificati con il fine di tenere le classi medie lontane dalle quotidiane tentazioni; la famiglia sostenne dal basso quel che la nazione voleva rafforzare dall’alto: la rispettabilità.

Si riteneva che la famiglia rispecchiasse lo stato della società così i conservatori ne esaltarono la struttura gerarchica e la funzione di conservazione dell’ordine: attraverso il ruolo patriarcale la famiglia educava al rispetto dell’autorità.

Non a caso, in precedenza, padre Jahn, fondatore dei ginnasti e del movimento della fratellanza aveva definito la famiglia come sorgente dello spirito nazionale; questo il motto che fece incidere sul frontone di casa sua:

« Sano: tendere a ciò che è giusto e conseguibile, fare il bene, pensare al meglio, scegliere l’ottimo.

Libero: mantenersi liberi dalla spinta delle passioni, dal peso del pregiudizio, dalle paure dell’esistenza.

Lieto: godere dei doni della vita, non abbandonarsi allo sconforto dinanzi all’inevitabile, una volta passata la prova non mantenersi nel dolore, farsi animo e risollevarsi dinanzi al fallimento delle migliori imprese.

Pio: compiere i propri doveri, con affabilità e socievolezza, fino all’ultimo: tornare al focolare.

Per questo Loro saranno benedetti, con la salute dell’anima e del corpo, con una soddisfazione che vale ogni ricchezza, con il sonno ristoratore dopo le fatiche della giornata, e dalla fatica della vita, con un sereno spirare. » (tratto da wikipedia).

A dire il vero gli esasperati concetti di virilità e mascolinità potevano minacciare l’ideale della famiglia e in effetti ci fu chi sostenne che la società fosse fondata sui maschi celibi; è però vero che l’idea prevalente considerava la famiglia un efficiente ed immediato sostituto dello Stato per il controllo delle passioni là dove sorgevano o si manifestavano: la famiglia era il primo posto di blocco, un agente del controllo sessuale, guidata da medici (spessissimo dal medico di famiglia), da educatori e dalla nazione stessa; ogni minaccia alla famiglia era vista come minaccia alla nazione e alla sua sopravvivenza ed era quindi legata al problema della crescita della popolazione.

Il risveglio protestante del XVIII secolo coinvolse direttamente Germania e Inghilterra, improntandole ad un tenore di vita che altri paesi non condivisero, anche se i buoni costumi e i principi della sessualità borghese si diffusero ovunque in Europa.

La differenza tra nazioni protestanti e cattoliche si riflesse nel rapporto contrastato di odio e amore di molti tedeschi e inglesi verso il meridione cattolico (Thomas Mann aveva paragonato il sud al peccato e all’immoralità) ed il contrasto nord-sud fu un ulteriore elemento di sostegno della rispettabilità.

Coloro che erano prigionieri della rispettabilità del Nord protestante proiettavano le proprie fantasie sessuali proibite sulle nazioni o regioni straniere: il sud cattolico ed il deserto arabo.

L’iconografia nazionale fu un’altra differenza esplicativa tra nazioni cattoliche e protestanti: nei paesi cattolici gli ideali di mascolinità e il ruolo delle donne si manifestarono solo occasionalmente e probabilmente furono meno diffusi; se è vero che Marianna assomiglia a Germania o Britannia nel ruolo di custode casta e pura della nazione, il modello maschile, venato di omoerotismo, fu quello diffuso in Francia e in Italia.

Ci furono comunque differenze anche tra Germania e Inghilterra: nella prima il pietismo incise direttamente sull’orientamento nazionalista, mentre nella seconda l’evangelicalismo incise molto di meno sul nazionalismo inglese, ma l’Inghilterra in quel momento, era una nazione unita e potente, mentre la Germania era in lotta per raggiungere l’unità.

Il patrimonio morale condiviso da Inghilterra e Germania, la loro lotta contro la rivoluzione francese, portarono al trionfo la rispettabilità come strumento di controllo delle passioni e favorirono gli ideali di bellezza, amicizia, amore che si pensava avrebbero potuto trascendere la sessualità.

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