Santiago di Compostela

Ero intenzionato a rinunciare al viaggio a Santiago di Compostela, dopo la terribile notizia di questi giorni ma considerato che la mia decisione avrebbe influito anche su mia nipote che, per la prima volta, è venuta in vacanza col sottoscritto, con un’angoscia nel cuore che mi ha angustiato come poche altre volte in vita, ho deciso di partire comunque.

Ho spezzato così anche col lavoro (una sola torrenziale telefonata ma sopportabile) e sono andato.

Gita culturale e non solo, e poi storica, appunto per la presenza di mia nipote, a insaputa di mia madre, che altrimenti non ci avrebbe lasciato in pace un istante.

Partenza domenica pomeriggio da Bergamo ed arrivo tranquillo a Santiago alle 21.50 circa, giusto in tempo per l’autobus (3,00 € a testa che si pagano in vettura) che alle 22.00 è partito con destino, come dicono gli spagnoli, Plaza de Galicia.

Il tempo non è dei migliori ma su tutto vince la fame della nipote per cui, depositati i bagagli all’hotel Lux (dove ci siamo trovati benissimo), siamo andai subito in centro storico.

Questo mi farà scoprire, con cocente delusione, che il portico della gloria, la parte più famosa della cattedrale, è fasciato dalle intelaiature dei restauri.

Cena a base di tapas e a letto, mentre la città è avvolta da una pioggerella non gradevolissima.

Lunedì giornata dedicata alla visita della cattedrale; visita artistica e di fede: in questo luogo, da secoli meta della devozione di tanti fedeli, ho chiesto alcune grazie, una era fin troppo ovvia, non meno le altre a dire il vero, ed ho affidato all’intercessione di Santiago tutti i miei famigliari ed amici, dai più vicini a coloro che, per la distanza, non ho la fortuna di avere accanto con frequenza.

Il tutto sia seduto tra i banchi della cattedrale sia, con ancora maggior devozione, di fronte all’urna che contiene i resti del santo apostolo, che visito rischiando di restare incastrato nello stretto cunicolo, sia, ancora, mentre compio il rito del “abrazo al Apóstol “.

Nessuno è stato trascurato.

Poi ha inizio la visita culturale: di rilievo l’altare maggiore, purtroppo anch’esso in restauro, che rivela un’impronta barocca a dir poco importante: le poche statue che si intravedono rappresentano degli angioletti seminudi di dimensioni ragguardevoli per non dire enormi; il tutto è poi sovrastato da una statua equestre di Santiago Matamoros che riesco a intravedere tra i tubi innocenti. Lì si trovano il sepolcro e la camera dell’apostolo con le reliquie di San Giacomo, sovrastati da un baldacchino barocco dove si abbraccia l’immagine policroma del santo apostolo nel rito che ho compiuto e descritto in precedenza.

Imponenti i due organi decorati da puttini che mi confermano nell’idea che il barocco e la sobrietà fossero nemici giurati.

Molto belle alcune cappelle laterali o del deambulatorio; in particolare quella detta Corticela, che fu una chiesa indipendente, unita solo in epoca barocca alla cattedrale, di cui è più antica e divenuta, così, una sua cappella. In questa chiesetta, in una nicchia, c’è una rappresentazione statuaria di Gesù nell’Orto degli Ulivi: mentre entriamo vedo una signora che, scritto un biglietto, lo posiziona accanto alla statua di Gesù; mi viene l’ispirazione immediata di imitarla, ma non avendo a disposizione materiale adeguato, estorco a mia nipote uno scontrino e, sul retro, scrivo la mia richiesta/affidamento, che poi pongo tra le mani di Cristo inginocchiato.

Tra le varie rappresentazioni di san Giacomo, come apostolo, come pellegrino e come guerriero, ne trovo una, in una cappella, con una gran moltitudine di fiori che coprono la base di questa statua del santo a cavallo: si intravedono alcune figure deformate, sono dei mori oggetto della sua ira; maliziosamente ho pensato che i fiori fossero la cortina del politicamente corretto oggi imperante.

Ultima annotazione: c’è la consuetudine, impossibile a causa dei lavori di restauro, di battere per tre volte la fronte contro la statua che si ritiene rappresenti il maestro Matteo, consuetudine attribuita agli studenti che così facendo avrebbero potuto condividere la sua sapienza; come dicevo pratica non riproponibile ma, a modo mio, ho provveduto diversamente: uscendo dal cunicolo dove si trova l’urna del santo ho ben pensato di dare salutare craniata contro il “tetto” che è ad un’altezza non progettata per i moderni spilungoni.

Dopo la cattedrale il museo è irrinunciabile, nonostante sappia bene che la mia fantastica nipote non sia particolarmente entusiasta; peccato il divieto di scattare foto.

Anche qui una piccola delusione visto che alcuni pezzi opera del maestro Matteo sono attualmente in mostra a Madrid; ci sono, invece, due botafumerios; il botafumeiro è un turibolo alto 1,5 m e 53 kg di peso, che viene fatto oscillare da 8 uomini, durante determinate celebrazioni liturgiche.

Interessanti in particolare il Pantheon reale e la Cappella di San Fernando col tesoro; ci sono anche pregevoli arazzi ma, è risaputo, che io non amo particolarmente questo tipo di produzione artistica.

Mia nipote aveva richiesto di visitare i tetti della cattedrale e, da buono zio, ho voluto soddisfare il suo desiderio nonostante il mio ben noto disagio di fronte ai luoghi alti.

Prenotazione per le 16.00 e alle 18.00, invece, visita della tribuna della cattedrale, il tutto condito di visita guidata in spagnolo.

Il tempo inclemente non aiuta, ma l’esperienza della visita al tetto non è malvagia come temevo anche se, a mio modesto parere, tendenzialmente inutile; più gradevole quella alla tribuna con la guida dedicata ai noi due soltanto; le due visite ci costano ben 40,00 € (giusto perchè la nipote, da studente, ha diritto ad un piccolo sconto).

Nella tribuna sono custodite delle “statue” di giganti di cartapesta dei quali non sono purtroppo riuscito a scoprire la funzione processionale, con un dragon ma non ho capito altro) anche se ho scoperto che dei giganti similari usano sfilare per le vie cittadine in alcuni paesi del sud della nostra penisola e che sono un fenomeno diffuso in tutta l’area mediterranea.

La giornata è scivolata via bene nonostante molta attenzione (e preoccupazione) sia diretta ad una stanza di ospedale, a Parma, da cui attendevo e speravo buone nuove.

Di Santiago si trovano notizie su infiniti siti internet quindi non serve che mi dilunghi a dettagliare; la cattedrale, quella attuale, risale all’XI secolo ma è il XII secolo che vede all’opera il cantiere di maestro Matteo che realizza il portico della gloria, un’opera che sono essere straordinario capolavoro dell’arte romanica; le architetture barocche, successivamente, ridisegneranno quasi completamente la chiesa.

Di sicuro effetto, d’altronde il barocco nasce come scenografia, la cattedrale si erge maestosa tra piazze che ne valorizzano ulteriormente l’imponenza: la piazza dell’Obradorio, dove si affacciano la facciata del chiostro (visitabile col biglietto del museo), l’Hostal dos Reis Católicos, ospedale e rifugio dei pellegrini diventato attualmente un hotel, il Palazzo Arcivescovile di Xelmírez, il Palazzo di Raxoi, sede del municipio e della Giunta della Galizia.

Poi c’è piazza delle Praterías, la piazza a sud della Cattedrale che deve il suo nome alle botteghe di plateros (argentieri) che dal Medioevo occupano la parte sottostante il chiostro;  qui si trova laTorre dell’Orologio che ha nome ‘Berenguela’ mentre sono edifici che la contornano la Casa do Cabido, cioè la residenza dei canonici e la Casa do Deán, ovvero del decano (sempre del capitolo).

Infine la piazza della Quintana, una piazza barocca su due livelli: la parte alta, detta Quintana de Vivos (quintana dei Vivi) e la parte bassa Quintana de Mortos (quintana dei Morti), luogo di sepoltura fino al 1780; su questa piazza si affaccia il Monastero di San Paio de Antealtares,  che ospita ormai soltanto 12 suore benedettine di clausura; qui visitiamo la chiesa e l’annesso museo d’arte sacra (ingresso 1,50 €) molto gradevole soprattutto per le sculture.

Ho molto apprezzato, nella visita al museo, il salone delle feste del palazzo arcivescovile, con i capitelli/mensole, produzione del cantiere del maestro Matteo, di grande bellezza.

Curioso in particolare perchè decorato con musici e trovatori, in stile assolutamente mondano.

Molto bella anche l’esposizione delle statue in alabastro intitolata “El alabastro a través del tiempo. Colección Jaime Trigo”  che ho potuto, fortunatamente, fotografare.

Cena a base di caldo gallego, un brodo caldo che ha suscitato l’entusiasmo negativo di mia nipote (“sembra vomito” il suo poco conciliante commento) per passare a pollo e gamberi al curry, niente male.

Santiago di Compostela, domenica e lunedì  5 e 6 febbraio.

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