Ritorno da Rimini

L’ultimo giorno è stato dedicato alla colazione con Fabio Montebelli, un rito che cerco di ripetere ogni volta che mi è possibile ed un bis di colazione con Angelica Costa con la quale mi sono intrattenuto un bel po’ di tempo, anche in attesa che smettesse la pioggia che aveva iniziato a scendere copiosamente.

Mattina, quindi, splendida.

Ho scoperto tante cose nuove, recuperato ricordi, davvero incontri eccellenti, come mi capitano molto raramente in quel di Parma.

Prima di lasciare la città romagnola che mi ha ospitato per tanti anni ho deciso di fare un passaggio al cimitero: quella terra consacrata custodisce i resti mortali di varie persone che ho conosciuto o mi sono state amiche; il mio obiettivo principale era la tomba di Gianfranco Ricci, il mio amico di palestra, coetaneo scomparso da quasi 10 anni.

tomba di Gianfranco RicciUn uomo semplice, umile, cordiale, simpatico che ricordo ogni sera nelle mie misere preghiere di peccatore incallito, confidando nella sua intercessione poiché sono convinto che goda della gloria dei beati.

Nell’occasione ho pensato anche di far visita ad un collega che ho conosciuto di sfuggita, con cui ho lavorato al massimo un paio di volte, anche lui prematuramente scomparso, Stefano Canuti.

In quell’anno orribile, il 2002, nel giro di poco più di un mese, il comando perse ben tre operatori: il maresciallo Leggeri, Stefano appunto ed il collega Sarti; tre perdite importanti, di brave persone (e non lo dico per rispetto ai defunti).

Il decesso di questi colleghi fu occasione per il mio trasferimento a Rimini, nonostante non nutrissi alcuna speranza.

Girando in cerca della tomba di Stefano ho incrociato anche quella di Eraldo Bartolucci, un’altra brava persona, per anni responsabile del distaccamento di Miramare beach dove io abitavo.

Me ne sono ripartito carico di un buon bottino soprattutto per gli incontri avuti.tomba di Stefano Canuti

Quel che mi è venuto in mente sono le lodi che ho intessuto, anche se sommariamente, di alcuni amici e colleghi; mi stupisce proprio questo, che mi trovi ad esaltare la normalità, che percepisco, però, come evento eccezionale.

Nessuno degli amici che ho incontrato è diventato un luminare della scienza, ha scalato l’Everest, fatto carriere folgoranti; tutti sono abbastanza sconosciuti ai più.

Eppure di ciascuno rilevo un tratto di eccezionalità; ciascuno a modo proprio vive seriamente la propria vita, il lavoro, i rapporti sociali, senza smanie di arrampicamento; senza sminuirli li chiamerei eroi borghesi o bravi cristiani a seconda dei casi.

Quando mi trovo a parlare con Marco Guerrieri, Umberto Farina, Ivano Savoretti, Andrea Rosa, Roberta Berardi, Daniele del Fabbro, per citarne alcuni oppure Angelica Costa, Davide Zavatta, Fabio Montebelli mi viene da essere fiducioso in un paese che ha tante serie persone e in una chiesa cattolica che sempre più insignificante ed autolesionista ha, però, degli appartenenti di tal fatta.

Eroico nel quotidiano.

tomba di Eraldo BartolucciGli argomenti di cui abbiamo discusso sono stati tantissimi, senza fissazioni sul lavoro come invece temevo; una questione voglio ricordare in particolare, una frase tratta dal libro “Yossl Rakover si rivolge a Dio”: «Io lo amo, ma amo di più la sua Legge, e continuerei ad osservarla anche se perdessi la mia fiducia in lui.»

A differenza di George Bernanos che fa terminare il “Diario di un curato di campagna” col famosissimo «Tutto è grazia», preferisco giudicare della mia vita, proponendo tale criterio a chiunque vorrà farlo proprio, con un “tutto è legge” che credo ben si inserisca nella tradizione cui si abbevera Zvi Kolitz.

Il Dio di Israele ha posto una legge che ha costituito l’universo: «In principio erat Verbum, et Verbum erat apud Deum, et Deus erat Verbum.»; una medesima legge può costituire l’uomo che è,  appunto, un costituente, nel bene prima che nel male sebbene l’esperienza prevalente sia quella negativa.

continua

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