regime dell’appuntamento e suoi oppositori

Parlando degli ambienti che frequento ultimamente, il luogo di lavoro in particolare, un amico mi faceva notare che quel che sembra essere venuta meno è la tenuta sociale del regime dell’appuntamento, come regime stabile e socialmente efficace.

Regime dell’appuntamento è declinabile in varie definizioni, una delle quali, da alcuni giorni mi è diventata molto cara: “agisci in modo che il tuo atto produca sempre condizioni favorevoli”.

L’appuntamento è lavoro su lavoro avendo come materia qualunque materia con possibilità di soddisfazione per entrambi: la lettura ne è un caso evidentissimo.

Dove vige il regime dell’appuntamento c’è produzione, creazione, senza obiezioni o preclusioni. 

Oggi non è che non vi siano più appuntamenti ma quel che manca è l’idea di stabilità di questo regime per cui gli appuntamenti sono sporadici, raramente continuativi; viene a mancare la pensabilità di luoghi di pensiero prima che fisici di re-incontro, dove al lavoro di uno si associa il lavoro di un altro e così via con soddisfazione dei partner.

Assenza che viene sostituita per un verso dall’attivismo del fare, l’efficientismo dell’organizzazione che prescinde dal contributo dei membri, per un altro dalla “marcia in più” del fenomeno, della risorsa umana.

Questo aspetto è interessante: compare qualcuno da invidiare o da seguire perchè misteriosamente dotato di un qualcosa che gli altri non hanno e che è un dato misterioso ed ontologico.

Sto leggendo, grazie alle sollecitazioni degli ultimi simposi milanesi, “Storia straordinaria  di Peter Schlemihl” di cui cito un elenco dei tanti oggetti che hanno la magica facoltà di conferire una qualità “fenomenale” al loro possessore: autentica radice di solano, mandragora, monetine magiche, tallero ladro, tovaglia del garzone di Orlando, diavolo in bottiglia, berretto dei desideri di Fortunatus, borsa dei desideri.

Vediamo un po’ a cosa servono: la radice di solano apre tutte le porte e fa saltare tutte le serrature; la mandragora, difficilissima da trovare è miracolosa per scoprire tesori nascosti; le monetine magiche sono spiccioli di rame che, ogni volta che vengono girati, producono una moneta d’oro; il tallero magico ha la prerogativa di tornare sempre dal suo padrone ma portando con sé tutte le monete d’oro con cui è entrato in contatto; la tovaglia magica imbandisce la tavola di ogni pietanza desiderata ed infine il diavolo in bottiglia esaudisce ogni desiderio del padrone.

Tutte fantasie che hanno un tratto comune: l’assenza di lavoro, alcune ci aggiungono un’idea rapinosa di ricchezza, ma è la mancanza di appuntamento che le caratterizza in negativo.

Quando viene a mancare un certo ordinamento favorevole all’appuntamento si ha un numero abbastanza limitato di sostituti che cercano di tappare l’incolmabile vuoto che si è creato. Di questo racconto parlerò ancora perchè è interessantissimo proprio per come descrive la sterilità di una ricchezza mancante di lavoro e quindi di appuntamenti.

Il regime dell’appuntamento è amoroso perché prevede la partecipazione di un altro in veste di investitore cioè fruitore e produttore di profitto, al contrario la sua mancanza produce l’affievolimento della figura del partner che viene ridotto a invidioso spettatore (plaudente o persecutore a seconda dei casi).

Il mondo del diritto non tollera il vuoto: cosa sostituisce il regime dell’appuntamento venuto meno?

L’efficientismo e il chiamiamolo “problematicismo” sono due riempitivi; vediamoli un attimo.

Inizio dal secondo, il problematicismo, la complessità per la complessità; a questo proposito mi viene in mente un collega di alcuni anni or sono, che lavorava in una piccola unione di comunelli ai confini dell’impero; orbene questo collega, di fronte a qualsiasi proposta, iniziativa e idea aveva un ritornello di risposta che era buono per tutte le stagioni: “eh ispettore, c’è un problema!”.

Il tono utilizzato, nel caso specifico, era di tale profonda, compiaciuta sapienza che pareva di trovarsi di fronte ad uno sperimentatissimo maestro di vita (così l’avevo soprannominato): la complessità ci sommergerà.

A prescindere da questo curioso personaggio (che per inciso ha poi fatto pure carriera perchè, per tenerlo buono, è stato premiato, giusto per rammentare l’insipienza di tanti), è il pensiero che conta e questo regime di pensiero ci dice che la complessità della realtà è tale per cui non è possibile operare in vista di un risultato, salvo sottomettersi cioè aderire alla sapienza (innata, acquisita, inspirata dall’alto poco importa che l’origine sia su base religiosa, naturale, scientifica) di qualcun altro.

Speculare o complementare è la posizione dell’efficientismo, del fare senza partner, insomma dell’uomo della provvidenza, della risorsa (con le famose e famigerate risorse umane che sono invariabilmente considerate il patrimonio di ogni brava azienda).

Ecco l’uomo che col carisma, la determinazione, la preparazione, o chissà che altro, condurrà a buon fine ciò che agli altri non riesce.

Lucrerà guadagni, encomi, lodi sperticate e lascerà miseria sociale.

La posizione del genio o fenomeno è decisamente scomoda e pesante poiché richiede continuamente conferme ed è quindi logorante e senza conclusione oltre ad essere fomite di invidia e quindi bersaglio di insofferenze e opposizioni varie.

Ne sono testimonianza eloquente molti ben noti leader politici italioti; ma l’intera politica di questo sciagurato paese ne è oppressa e svilita.

Concepire la democrazia come guerra tra fazioni porta a definirsi per opposizione all’altro, il che comporta che per esistere politicamente diviene necessario mettere in evidenza i problemi, le contraddizioni.

La logica del tanto peggio tanto meglio che tanta sinistra ha usato (usato?), di cui paghiamo ancora lo scotto, è uno dei tanti modi per impedire che un appuntamento accada e che si consolidi nel tempo.

Non l’unico.

La storia italiana recente è costellata di leader che sono finiti male, tanto esaltati prima quanto vilipesi poi: la massa (che qualcuno cerca di nobilitare chiamandola popolo, ma poco importa) segue il capo aspettandosi da questo la soluzione di ogni problema, salvo poi accusarlo di ogni nefandezza, secondo modalità da tempo ben descritte da Freud.

Non vi è appuntamento nella politica italiana.

E nemmeno nell’attendersi da questa quanto non sa, non può e non deve dare: è il regime dell’appuntamento che permette la crescita, di qualunque crescita si tratti, ed è competenza di ogni singolo porne le condizioni perchè si concretizzi nel quotidiano.

Parafrasando un motto ripreso da san Cipriano, Extra Ecclesiam nulla salus, fuori dal regime dell’appuntamento non c’è “salus” traducibile in salute/salvezza.

Parma, 24 febbraio 2018 memoria di Sant’ Etelberto Re del Kent

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