Poteri forti (o quasi)

Poteri forti (o quasi) è il titolo di un libro il cui autore è un famoso giornalista nonché già direttore del Corriere della Sera e del Sole 24 ore, Ferruccio de Bortoli.

Mi è stato regalato in occasione del mio compleanno, un regalo apprezzato che non ho iniziato a leggere subito ma che poi mi sono bevuto assai velocemente.

Un bel libro, scritto bene, da una persona che sa maneggiare la penna con intelligenza e moderazione.

Mi ha ricordato, se il paragone non è troppo ardito, certi ritratti fatti da Giulio Andreotti della serie “Visti da vicino” ma con un utilizzo dell’ironia più sottotono.

Due tratti mi hanno colpito: il grande amore per la professione del giornalista ed un non minore amore per il Corriere della Sera, sono il primo tratto.

Abbastanza scontata come notazione, vista la carriera di de Bortoli, ma da sottolineare nel suo aspetto di tutela della libertà: un giornalista professionista, serio, è uno che lavora sui fatti, li riscontra e li rappresenta senza farsi condizionare da pressioni esterne; è uno con la schiena dritta, che garantisce serietà delle fonti, verificate, preparazione culturale, equilibrio e, possibilmente, onestà intellettuale.

Un ritratto stupendo di figura professionale che temo attualmente rarissima nei giornalisti di ogni ordine e grado.

Le mie frequentazioni giornalistiche dei tempi che furono, si tratta quindi di stampa locale, mi hanno convinto che nessuna garanzia di maggior serietà proviene da chi fa il giornalista di professione.

Resta vero che la totale anarchia di un’informazione lasciata esclusivamente a sé stessa, mi riferisco all’improvvisazione o alla partigianeria di molti siti online, non sia la soluzione, così come non credo alle forme di democrazia diretta.

Evidentemente un giornale di elevata autorevolezza è un patrimonio per tutti ed è bene che selezioni i suoi collaboratori con particolare cura e attenzione ma non bisogna dimenticare che nemmeno il Corriere della Sera è sfuggito a certi inquinamenti, come ricorda con dispiacere lo stesso de Bortoli, ai tempi della P2.

Il Corriere della Sera è tratteggiato da de Bortoli come un’istituzione, da rispettare, tutelare e trattare, appunto, come tale, una sorta di altro potere, non pubblico ma non meno interessato per autodisciplina, alla salvaguardia dei pubblici interessi; l’autore sembra quasi sottrarre il quotidiano milanese dalla concorrenza e dal mercato per posizionarlo in una sorta di livello superiore.

Il secondo tratto lo semplificherei con una frase latina famosissima: laudatio temporis acti.

Ferruccio de Bortoli descrive assai bene un’Italia di un tempo che fu, non lontanissimo forse ma sembra che parli di alieni.

Giornalisti, politici, scrittori, economisti che hanno avuto a che fare col Corriere o col Sole24ore: tutti ricordati con indulgenza anche quando non sono stati omessi eventuali loro errori; nel libro domina una acquisita pacatezza, frutto di decennali esperienze in trincea.

Ogni protagonista trasmette, nelle righe di de Bortoli, un senso profondo delle istituzioni e dell’esercizio del potere, e l’autore ce li presenta come se ci facesse da guida nel corridoio di un castello con affollata galleria di ritratti degli antenati, non tutti illustri allo stesso modo, nessuno da rinnegare.

Quando parla dei politici, man mano che ci si avvicina alla contemporaneità si passa dalle aquile alle galline, entrambi animali degni del massimo rispetto ma valutati diversamente dalla cultura popolare: le forme “paludate” dell’esercizio del potere sembrano essere degenerate in un’arrogante esibizione di forza da bulletti di periferia.

Emerge evidente una mancata sintonia con Matteo Renzi, dichiarata con onestà e ascrivibile come ulteriore merito; chissà se Maria Elena Boschi lo ha poi querelato per le parole, un paio di righe scarse, dedicate a una certa vicenda bancaria. Qui l’autore pare essersi tolto qualche proverbiale sassolino dalle scarpe, ma con estrema sobrietà.

I ritratti dei politici, imprenditori e giornalisti defunti mi hanno fatto venire in mente le visite al cimitero monumentale di Milano che tanto mi ha affascinato: la borghesia al potere anche post mortem.

 

Ecco, quel mondo, di gente magari ruvida, qualcuno anche arrogante, con tutti gli errori commessi, però quella gente aveva il senso del potere e delle istituzioni, cosa che oggi, sembra di capire, non esiste più.

Il che è sotto gli occhi di tutti e non è una buona notizia.

In definitiva un bel libro ma venato di un po’ di nostalgia.

Lo consiglio.

Parma, 6 agosto 2017 festa della Trasfigurazione di N.S.G.C.

 

 

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