Palazzo Farnese a Piacenza

Palazzo Farnese ospita i musei civici piacentini ed è un bell’esempio di quell’architettura italiana che ha reso il nostro un paese di incomparabile bellezza.

La gita pre naso nuovo poteva prescinderne? Dopo un buon nutrimento a base di chiese varie mi sono concesso, come ultima tappa della giornata del 23 giugno, la visita dei musei civici ospitati in Palazzo Farnese.

Un palazzo dalla storia travagliata un po’ come quella del Ducato di cui fu la capitale per un certo tempo; il ducato nacque grazie ad un papa, Paolo III Farnese, che l’affidò al figlio Pier Luigi; questo dovette abitare nell’unico luogo fortificato della città, appunto Palazzo Farnese, prima cittadella viscontea.

Ho scoperto, inoltre, che questo figlio del papa, Pier Luigi Farnese, era “leggermente” degenerato: famoso per la sua incontinenza sessuale, ne combinò una davvero grossa, per non dire imperdonabile, il cosiddetto oltraggio di Fano.

Narra Benedetto Varchi nella Storia fiorentina che a Fano per un’ispezione delle fortezze marchigiane, essendo Gonfaloniere della Chiesa, Pier Luigi venne accolto dal giovanissimo vescovo di quella città, Cosimo Gheri dell’omonima nobile famiglia.

Evidentemente affascinato dall’avvenenza del ragazzo il Farnese concretizzò le sue intenzioni: “cominciò, palpando e stazzonando il vescovo, a voler fare i più disonesti atti che con femmine far si possano”.

Il giovane tuttavia non collaborava per cui il Gonfaloniere lo fece legare e, sotto la minaccia dei pugnali, lo violentò. Poche settimane dopo il giovane morì non si sa se per l’onta subita o grazie ad un “aiuto” del medesimo Gonfaloniere che in questo modo cercava di coprire lo scandalo.

Questi fu il primo Duca del glorioso Ducato di Parma e Piacenza.

Da cittadella militare passò presto a residenza ducale, grazie al progetto del famoso Jacopo Barozzi detto il Vignola e si susseguirono vari lavori per abbellirla salvo poi lasciarla incompiuta per le varie vicende che travagliarono il piccolo e glorioso ducato.

Non stiamo a seguirne tutte le vicende ma arriviamo all’oggi: sede dei musei civici che ospitano alcune opere meritevoli per sé sole di una visita.

Ci sono arrivato dopo avere parlato con una cortesissima e competente addetta all’ufficio informazioni turistiche ed ho trovato personale altrettanto cortese e competente: debbo un plauso formale a tutte le persone che ho incontrato e che sono la testimonianza di come non sempre ente pubblico sia sinonimo di maleducazione o trascuratezza.

Anche i volontari addetti alla sorveglianza delle sale sono stati tutti cortesissimi; certo magari avevano la tendenza ad evidenziare cose che loro reputavano di particolare rilievo, con scelte non sempre condivisibili, ma apprezzo l’entusiasmo di chi mette a disposizione il proprio tempo per permettere ad altri di godere di questi luoghi, quindi ben venga anche questo eccesso di zelo.

Non ho visitato tutto ma molte cose pregevoli non mi sono sfuggite; tra queste il ciclo di affreschi proveniente dalla chiesa di San Lorenzo, dedicati alla vita di una santa famosissima nel medioevo e praticamente scomparsa, come tanti altri santi legati ad una realtà rurale e artigiana ormai lontana, santa Caterina d’Alessandria.

Autore ignoto, quindi chiamato Maestro di Santa Caterina, che ha operato verso la fine sec. XIV ed ha rappresentato una serie di episodi della vita della santa: Caterina riceve i Cavalieri, Sposalizio mistico di Santa Caterina, Disputa di Santa Caterina con i filosofi, Santa Caterina in carcere, Supplizio della ruota, Santa Caterina rincuora i cristiani, Funerali dell’Imperatrice, Martirio di San Bartolomeo, Decollazione di Santa Caterina, l’imperatore Massimo interroga Porfirio e lo fa decollare, Trasporto del corpo di Santa Caterina sul Sinai.

Ancora di identica provenienza e  dei medesimi autori una bella Incoronazione della Vergine e Trinità, opera di Bartolomeo e Jacopino da Reggio, datata a metà del XIV secolo, ed una pregevole Celebrazione della Messa.

Curiosa e rara per la presenza di una scritta in volgare una lastra conosciuta come “del benvegnù“, dal Castello di Montechiaro: questa lastra rappresenta due personaggi, forse i castellani, che ricevono un gruppo di persone, e in alto vi è un’iscrizione in volgare, diventata poi proverbiale dell’ospitalità piacentina: “Segnori . sie . tuti . gi benvegnu ./. e zascaun . chi . che . vera . sera . ben ./. vegnu . e ben . recevu” (Signori, voi siete tutti qui benvenuti e coloro che verranno saranno benvenuti e ben ricevuti). Qualcosa di simile si ritrova in un’epigrafe che documenta la costruzione del castello di Vigolzone, ubicato vicino al castello di Montechiaro, entrambi appartenenti alla famiglia Anguissola, quindi databili verso la prima metà del XIV secolo.

Altra scultura interessante una Madonna con bambino di scuola dell’Antelami, ma ci sono anche altri pezzi degni di nota.

Due sono i pezzi famosissimi delle collezioni dei musei civici di Palazzo Farnese, il tondo Madonna adorante il Bambino con San Giovannino di Botticelli proveniente dal Castello Landi di Bardi ed il fegato etrusco.

Questo modello di fegato di pecora etrusco, rinvenuto nel 1877, è straordinario perchè, come un libro di scuola, riporta una serie di iscrizioni di nomi di divinità che, sulla faccia piana dell’oggetto, sono organizzate in modo da riflettere l’ordinamento del cielo secondo gli Etruschi.

Probabilmente uno strumento didattico o di confronto con i fegati delle vittime sacrificali, testimonianza preziosa della vita religiosa di questo popolo straordinario.

Nei musei ci sono anche armi, tante carrozze e molto altro da vedere…

Il mio resoconto, non all’altezza delle opere esposte, è testimonianza di come la bellezza sia stata prodotta e custodita, tramandata, nel corso dei secoli in luoghi anche di secondaria importanza rispetto alla grande storia.

Per me la visita ad un museo, ad una chiesa, un palazzo sono sempre esperienze di gratificazione ed arricchimento perchè sebbene sappia benissimo che la salvezza non viene dalla bellezza, tuttavia il gusto che una civiltà sa esprimere parla a ciascuno, spronandolo a contribuire col meglio di sé all’edificazione della convivenza civile.

Ogni oggetto è frutto di un lavoro di cura, che è il compito cui ciascuno è chiamato, nel consesso umano.

La visita è avvenuta il 23 giugno 2016

Parma, 20 luglio 2016 memoria di sant’Apollinare

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