orfanotrofi inglesi

Ho letto una notizia orribile: nel cimitero di Lanarkshire, nei pressi di un ex orfanotrofio scozzese di Smyllum Park sarebbero sepolti i corpo di varie centinaia di bambini, almeno 400, in un’anonima fossa comune.

La vicenda si svilupperebbe tra il 1864 ed il 1981 e vedrebbe coinvolte delle suore cattoliche; a sentire il Corriere della Sera, tuttavia, i bambini sarebbero morti perlopiù per cause naturali quali tubercolosi e polmonite, malattie tristemente micidiali a cavallo tra Otto e Novecento.

Dunque quale sarebbe lo scandalo? che i bambini sono sepolti in fosse comuni senza lapidi individuali.

Una pratica, temo, diffusa, in un’epoca in cui certo moralismo la faceva da padrone.

Questo caso fa il paio con un altro, avvenuto in Irlanda, alcuni anni or sono.

Credo sia bene precisare subito che certe pratiche, oggi, sono guardate come un abominio perché i bambini sono divenuti come non mai “merce rara”, specchio del narcisismo di genitori, un po’ come si guarda al trattamento degli animali: la caccia è sempre stato il passatempo preferito dei potenti e nessuno se ne scandalizzava mentre oggi c’è chi sporge denunce per come vengono cucinate le aragoste.

Ma detto questo, potrebbe essere anche successo che vi siano stati abusi, come da sempre nella storia umana ed anche in quella della chiesa cattolica.

Intollerabili, come ogni abuso.

Mi veniva da pensare che l’abuso, qualunque tipo di abuso, nasce nella condizione del pollaio, ne ho già parlato altre volte, del pollaio e della sua alternativa alla civitas.

La chiesa cattolica ha sempre insistito sul termine cattolico, appunto, universale.

Universale sia in termini geografici sia in termini esistenziali: nessun popolo è escluso dall’offerta della salvezza attraverso Cristo (da qui i missionari) ma anche nessuna esperienza umana, nessun pensiero, nessun peccato sfugge al criterio di giudizio della chiesa, luogo ove è custodito il pensiero di Cristo.

Il ventilabro, insomma, è per tutti e applicabile a tutto, senza nessuna esclusione.

Quando qualcosa del pensiero di Cristo viene messo da parte ecco che nasce un pollaio.

La Frase di Goethe che Freud ha spesso utilizzato, è una splendida sintesi: “Was du ererbt von deinen Vätern hast, Erwirb es, um es zu besitzen. [Ciò che hai ereditato dai padri, Riconquistalo, se vuoi possederlo davvero].”

La Chiesa Cattolica vive di Traditio, di trasmissione di eredità, una trasmissione che precede la domanda e la costituisce.

Non è un caso il battesimo impartito ai bambini: il cristianesimo non è un’educazione ma una costituzione.

Una costituzione, tuttavia, esposta a numerosi pericoli, primo fra tutti quello di darla per scontata, cioè di pensare, o meglio illudersi, che una società cristiana possa garantire che ogni individuo, ricevuta l’eredità, la riconquisti per farla propria.

La parabola del Figliol Prodigo, così è comunemente nota, ne è un chiaro esempio: il figlio maggiore, restato accanto al Padre, non ha approfittato del suo pensiero, del suo rapportarsi col mondo; egli infatti obietta al Padre: “io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici.”

Al che il Padre ribatte “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo”; in queste battute emerge l’abisso che c’è tra i due: il figlio si sente servo, ha un’idea di eredità ma soltanto a babbo morto o, come direbbero i decaduti e sovrani d’Italia “in casa Savoia, si regna uno alla volta”.

Il sovrano/padrone è concepito in termini di possesso e comando, da cui escludere gli altri, un po’ come il padre dell’orda primordiale.

Il Padre della parabola, invece, dà per scontato che quel che è suo è anche del figlio, innanzitutto il pensiero, non solo il patrimonio; l’accento del Padre è sulla co-reggenza, sulla condivisione dell’eredità; oggi, si direbbe che il pensiero del padre è inclusivo.

Ebbene, nonostante la vicinanza (che è un dato irrilevante), il figlio non riconquista quanto ha ricevuto, ma, al contrario, sembra rinnegarlo, seppur nel rispetto formale, chiudendosi nel narcisismo della dichiarata e vantata coerenza.

Nella coerenza soccombe il pensiero di Padre, come insegnava Pelagio, giustamente condannato come eretico.

Il figlio minore è il virtuoso perchè ha disperso l’eredità ma ha anche giudicato il suo errore ed ha riaperto il rapporto, ha smarrito ma poi riconquistato quel che ha ricevuto.

Quanto accaduto al figlio maggiore potrebbe essere accaduto, non è detto, anche per le suore degli orfanotrofi scozzese ed irlandese, anche se sarebbe opportuno approfondire correttamente la storia per evitare di cadere in possibili errori, come evidenzia, ad esempio, il settimanale Tempi, in un articolo del 2014.

Resta che  ogni volta che un “religioso” commette atti di pedofilia o di abusi su minori quel che ha ricevuto non solo non l’ha riconquistato, ma gli ha mosso guerra, lo ha pervertito.

Ma la perversione è stata una scoperta recente: assieme alla nevrosi, è nata con Freud.

La chiesa Cattolica non l’ha ancora fatta propria come categoria di giudizio ed è per questa “carenza” che questa ha potuto attecchire anche al suo interno.

Un esito già segnato quando, a partire quasi dagli inizi, il cattolicesimo ha accettato di concepirsi come religione, cioè come forma di nevrosi, di compromesso al ribasso.

Si potrebbe dire che la nevrosi è e non può non essere religiosa, la nevrosi è religione.

Concepirsi come religione implica, di conseguenza, ridurre il pensiero cattolico a pollaio, per quanto grande e potente com’è stato, ad esempio, il barocco. 

Ma la nevrosi è continuamente esposta alle sirene della soluzione finale del passaggio alla perversione, cioè alla negazione che vi sia eredità e sovranità.

Ecco perchè la frase di Goethe sarebbe da scrivere sul frontone di ogni chiesa cattolica:

Ciò che hai ereditato dai padri, Riconquistalo, se vuoi possederlo davvero.

Parma, 21 settembre 2017 festa di san Matteo

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