commiato da Modena

Sono trascorsi ben 6 anni e 15 giorni da quando, era il 16 dicembre 2010, ho iniziato a lavorare a Modena; fino a ieri ne sono stato dipendente, anche se in prestito ormai da un paio d’anni.

Ora il rapporto si è definitivamente concluso, con un certo sollievo da parte mia.

Ricordo l’agitazione, le traversie e le difficoltà legate al periodo iniziale: cambio di casa, di città, di ruolo; ne ero spaventatissimo ma, insieme, assai contento; speravo di avere trovato una buona sistemazione, definitiva.

La città mi piaceva molto, con bellezze artistiche importanti, non troppo lontana da Parma, comoda a Bologna, insomma una sistemazione ideale.

Così non è stato.

Una delle prime buffe scoperte che ho fatto è stata la voce che sosteneva io fossi proveniente da Cremona, patria di origine del comandante, e fossi venuto a Modena per fare il suo manutengolo; evidentemente nemmeno la geografia (Rimini non era proprio accanto a Cremona) poteva qualcosa contro le male lingue.

Ne ho trovate tante, di diverso genere e grado, di malelingue, come ovunque, così come ho trovato un gruppo di persone fantastiche che non sto qui a ricordare adesso, ma che hanno contribuito alla mia crescita umana e professionale.

Non mi sono trovato a mio agio, sin da subito, col comando e questo ha segnato, praticamente dagli inizi la mia intenzione di venirmene via; dal comandante al vice al commissario che sono trovato sul groppone, non ce n’era uno con cui mi trovassi e questo è sempre stato un enorme problema e limite: io non riesco a lavorare bene se non mi trovo umanamente con chi ho a fianco.

Pur avendo incontrato persone meravigliose non avrei resistito a stare in un posto dove il sentimento prevalente era la continua preoccupazione, così appena ho potuto me ne sono venuto via (anche se avrei preferito farlo per motivi diversi da quelli che me ne diedero la prima occasione).

Ora che finalmente con Modena il rapporto è finito, tiro un sospiro di sollievo; ho sempre vissuto come un incubo l’idea di doverci tornare.

Ne conservo, però, anche un ricordo molto positivo, tanto da tornarci ogni volta che posso, per incontrare gli amici perchè la città è davvero bella.

Come anche Rimini, Modena è un pezzo di storia personale importante.

Non potrei mai vivere, ad esempio, in una piccola città o in un paese; la mia dimensione di vita è quella della città di medie dimensioni, come Parma, Modena o anche Rimini, possibilmente ben collegate con altre realtà di pari rilievo o più ampie ancora.

Ho lavorato e sto lavorando per paesi e paesoni e non mi ci ritrovo affatto: il provincialismo, che è poi la chiusura ad ogni idea nuova, mi soffoca; non che le città ne siano esenti, ma l’agio di avere diversi “sportelli” a portata di mano è una notevole facilitazione.

Dunque inizia da oggi, primo dell’anno, la mia avventura come dipendente di un nuovo ente, in attesa di trovare altro cui dedicarmi; altro sia in termini spaziali (più vicino a casa) sia in termini professionali (un altro tipo di lavoro); questo sebbene, al contrario di Modena, qui abbia ottimi rapporti con il comando, il che non è poco.

Rimane vero quanto dice il mio molto amato poeta, Giuseppe Ungaretti.

  GIROVAGO

     In nessuna

   parte

   di terra

   mi posso

   accasare.

   A ogni

   nuovo clima

   che incontro

   mi trovo languente

   che una volta

   gli ero stato assuefatto.

   E me ne stacco sempre

   straniero

   nascendo

   tornato da epoche troppo

     vissute.

   Godere un solo

   minuto di vita

   iniziale.

   Cerco un Paese

   innocente.

Questa poesia mi fa venire in mente una citazione che ho sentito spesso fare a Giacomo Contri, una ripresa da Freud (anche se non saprei citare da quale testo) a proposito del bambino: “la via dell’innocenza è ancora tutta da percorrere”.

Straniero è colui che non è cittadino a pieno titolo; per l’Antico Testamento è, come la vedova e l’orfano, privo di diritti, una sorta di fuori legge; anche per i romani non avendo cittadinanza, non poteva difendersi nel foro (da questo nasce l’avvocato, dalla necessità che un civis optimo iure si facesse suo procuratore).

Perchè è la legge, anzi la costituzione che fa il civis, che a sua volta, è una costituzione ambulante.

Dunque il sentirsi straniero è un modo per denunciare un difetto di legge, sia individuale che sociale.

Parma, 1 gennaio 2017, nella Solennità di Maria Santissima Madre di Dio

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