Non solo statue, anche Cristoforo Colombo

Cristoforo Colombo, un monumento nazionale, anche se non mi è ben chiaro di quale nazione, possiamo chiamarlo italiano? Non credo sarebbe onesto, tuttalpiù genovese, visto che ai tempi l’Italia non esisteva ancora.

Quando scoprì l’America, invece, lo fece per conto degli spagnoli e quella fu la cultura, la politica e la civiltà che esportò nel nuovo continente, non certo quella italiana.

Questa pedante precisazione ha lo scopo di ricordare che Colombo non appartiene al nostro paese, sebbene la comunità italiana in America ne festeggi la gloria col Columbus Day, ricorrenza a rischio di estinzione.

Perchè questa è la notizia: negli Usa, almeno in alcune parti, a Los Angeles precisamente, è venuta l’idea di abolire il Colombus Day e sostituirlo con  l’Indigenous People Day perchè il povero Colombo altro non sarebbe che uno sterminatore dei popoli indigeni.

Quindi, a distanza di secoli, Cristoforo Colombo diventa un mostro, un impresentabile da distruggere in effige e da cancellare quanto prima da piazze e parchi pubblici.

Il sindaco di New York Bill de Blasio, ci informa il Corriere della sera, “formerà nei prossimi giorni una task force, i cui membri dovranno stabilire in tre mesi gli «standard universali» per la commemorazione di individui da parte della città e determinare quali monumenti dovranno essere rimossi. «Prenderò decisioni sulle basi delle loro raccomandazioni», ha affermato il sindaco. «Valuteremo ogni monumento che possa in ogni modo suggerire odio, divisione, razzismo, antisemitismo o qualsiasi altro messaggio che sia contrario ai valori della città di New York».”

Della damnatio memoriae ho già parlato ma oggi ne riprendo un caso particolare che, per il furore dimostrato, potrebbe essere utilizzato anche per lo scopritore dell’America.

Mi riferisco al Sinodo del Cadavere, synodus horrenda: alla fine dell’896 o agli inizi dell’anno seguente il cadavere di papa Formoso, nella tomba da circa 8 mesi, venne riesumato, vestito degli abiti pontificali, processato, condannato (il che era abbastanza scontato), deposto, sottoposto ad amputazione di alcune dita della mano destra (quelle che servivano per benedire), trascinato per le vie di Roma ed infine buttato nel Tevere.

Ogni atto di questo pontefice venne dichiarato nullo, comprese le ordinazioni sacerdotali e vescovili.

Questo Pontefice è famoso fondamentalmente per il processo che ha subito così come il suo successore, Stefano VI, per averlo voluto; quest’ultimo dopo non molto tempo venne deposto, imprigionato e strangolato.

Dal che si deduce che il modo di dire “stare come un papa” è nato quasi sicuramente dopo il nono secolo, che la città di Roma vedeva scempi e crimini non molto diversi da oggi e che diventare Papa non significa avere la testa (e nemmeno le varie virtù cardinali e teologali) per farlo.

Ma tralasciando questa digressione di casa nostra, il furore di Stefano VI, che immagino avrà trascorso un congruo periodo in purgatorio per questo, mi sembra paragonabile a quello dei nativi americani, indigeni se preferite, che decapitano le erme del “nostro” Colombo e vogliono farlo scomparire da ogni luogo pubblico.

Si sono bevuti il cervello, questo è abbastanza evidente.

Lo hanno fatto in base ad una teoria astratta applicata retroattivamente, il che significa condannare senza appello tutto e tutti poiché nessuno, con criteri elaborati oggi, potrebbe sfuggire all’accusa di non essere omologato al valore attualmente imperante.

Una estremizzazione del politicamente corretto che fortunatamente rivela tutta la sua stupidità ma che è utile anche per spiegare il successo di Donald Trump e la ripresa dei suprematisti bianchi in America e la forza di tanti partiti sovranisti in Europa.

Perchè in Europa non è molto diverso e mi aspetto che, col solito ritardo, arriveranno a breve anche qui questioni di tal fatta, con un anticipo che abbiamo già avuto grazie alle polemiche boldriniane sui monumenti di epoca fascista.

Di fronte allo spaesamento prodotto dall’astrazione ed alla sua inconsistenza è comprensibile che vi sia una reazione uguale e contraria.

Non dico giusta reazione, ma comprensibile sì.

Se penso all’Italia dei profeti laici (che sono più religiosi e intolleranti dei clericali) che vogliono imporre a tutto e tutti il loro modo di pensare (“è una questione di civiltà”, giusto per citare un loro refrain) capisco bene chi obietti di voler conservare e trasmettere una serie di valori, modi di agire, di vivere consolidati.

Questo atteggiamento, che non è razzista, è stato bollato come tale e privato di dignità per cui chi voglia difendere un certo stile di vita è, ipso facto, trasformato in un razzista intollerante.

Oggi il razzismo, l’intolleranza vivono, si nutrono, prosperano (anche economicamente) nel sedicente antirazzismo.

Il sonno della ragione produce il razzismo (e l’antirazzismo).

Parma, 1 settembre 2017 memoria del Beato Pietro Rivera Rivera Sacerdote e martire

 

 

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