Natale 2016

Anche quest’anno è arrivato Natale; per me un po’ in sordina, essendo pure ammalato.

Nonostante la malattia sono andato al lavoro sia il pomeriggio della vigilia che il mattino di Natale, essendo stato anche reperibile durante la notte, il resto del tempo, salvo un sobrio cenone ed un parco pranzo, tutto trascorso a letto tra suffimigi col bicarbonato e cataplasmi ai semi di lino.

Fortunatamente tutto è andato bene; al mattino sono andato ad omaggiare l’autorità ecclesiastica, ovvero il reverendissimo signor parroco, vicario generale della diocesi e Sua Eccellenza Reverendissima Monsignore il Vescovo, che presiedeva il solenne pontificale.

Caso ha voluto che proprio mentre la processione si trovava sotto il portico a pochissimi metri dall’ingresso della cattedrale, una anziana signora cadesse fragorosamente a terra; dalla porta socchiusa l’abbiamo intravista e subito siamo accorsi a risollevarla, fermando per un momento il clero ma, soprattutto, compiendo la famosa BAQ, la Buona Azione Quotidiana di scoutesca memoria.

La Messa, quindi, ho potuto parteciparla solo alla sera, nonostante la febbre, il mal di gola, testa e dolori articolari vari; ha celebrato un sacerdote giovane, di accento straniero, che si è ben comportato, salvo soltanto saltare l’orazione conclusiva della preghiera dei fedeli; unico difetto che gli imputo è il tono: tutta la messa è stata celebrata mono-tono (non in recto tono, magari) il che ha troppo stimolato la mia produzione sbadiglifera.

Ma veniamo a noi; che il Natale sia la festa di compleanno più festeggiata al mondo è indubbio ma non lo è meno la trascuratezza del festeggiato, decisamente scomparso in secondo, terzo…. piano.

Ma inutile stare a pensarci, così va il mondo.

Quel che mi veniva in testa, tra un dolore e l’altro, invece era la frase, famosissima “Puer natus est nobis” ripresa dal profeta Isaia,5.5-6:

“Parvulus enim natus est nobis, filius datus est nobis; et factus est principatus super umerum eius; et vocabitur nomen eius admirabilis Consiliarius, Deus fortis, Pater aeternitatis, Princeps pacis.

 Magnum erit eius imperium, et pacis non erit finis super solium David et super regnum eius, ut confirmet illud et corroboret in iudicio et iustitia amodo et usque in sempiternum: zelus Domini exercituum faciet hoc.”

la cui tradizione è la seguente:

“Poiché un bambino è nato per noi,  ci è stato dato un figlio.

Sulle sue spalle è il segno della sovranità  ed è chiamato: Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace; grande sarà il suo dominio e la pace non avrà fine sul trono di Davide e sul regno, che egli viene a consolidare e rafforzare con il diritto e la giustizia, ora e sempre; questo farà lo zelo del Signore degli eserciti.”

Ci è stato donato un Figlio che se accolto, come dice il Vangelo della messa del giorno, cioè il Prologo di Giovanni, ci permette di diventare figli di Dio:

“Quotquot autem acceperunt eum, dedit eis potestatem filios Dei fieri, his, qui credunt in nomine eius, qui non ex sanguinibus neque ex voluntate carnis neque ex voluntate viri, sed ex Deo nati sunt.

A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati.”

Quel che mi interessa particolarmente è la precisazione “non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo”; mi sono chiesto cosa significhino questi distinguo. 

Non da sangue mi sembra chiaro: non è questione di ereditarietà, non sono i geni o la selezione naturale a  costituire i figli di Dio; ora poiché è chiaro che non si può non essere figli di Dio se esiste ed il creatore, qui ci si riferisce ad un altro genere di figliolanza rispetto alla semplice nascita.

Volere di carne e volere di uomo li iscrivo sul lato più intellettuale della kultur: non sono la razza, le radici, le origini, il paesello natio, la parrocchia a fare i figli di Dio.

Non lo sono l’educazione, la scienza, i neuroni che tanto di moda vanno adesso, o la realtà tecnologizzata e virtuale, coi deliri di onnipotenza che agevola, a creare i figli di Dio.

Unico requisito richiesto: l’accoglienza di Gesù, non quella pietosa e pietista del poverino venuto al freddo e al gelo, formazione reattiva di chi non vede l’ora di farlo fuori, ma quella del sovrano omaggiato da altri sovrani che non gli hanno donato i giochini ma oro incenso e mirra.

L’hanno onorato, come sovrano, cioè uomo compiuto.

Io per primo ho bisogno di richiamarmi a questa clamorosa novità.

A tutti i miei amici, che da Berbenno scendono per l’Emilia a Fidenza, Roccabianca, Parma, Modena, Bologna, Colorno, Sorbolo, Guastalla e la Romagna, a Cesena, Cesenatico, Bellaria, Rimini, il Lazio, a Roma, e dovunque si trovino ora, a tutti e a ciascuno che sia un Santo Natale.

Un Natale di accoglienza del Re.

 

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.