millesimo post

Non avrei mai pensato di arrivare a 1000 post, che peraltro è una cifra banale come ogni altra cifra, ma visto che comunque un certo fascino lo esercita, chissà forse per i tanti zeri o forse per una certa idea di completezza, avevo pensato di tenerlo in serbo per chissà quale notizia, tipo quella tanto agognata ultimamente del mio trasferimento in quel di Parma; troppo però sarebbe stato il tempo di attesa ed allora ho deciso di dedicarlo ad un medley di eventi di questo periodo,più o meno curiosi o tristi che siano.

Una scoperta l’ho fatta l’altro giorno passando per le vie del centro assieme a mia madre, che avevo accompagnato a fare acquisti: dopo 50 anni la COIN chiude.

La sede di via Mazzini, non quella storica che è comunque a pochi metri di distanza, chiude; perchè occuparmi dei destini della COIN? Il motivo è molto semplice: presso quell’azienda iniziai a lavorare, decenni or sono; dal negozio di Parma decollai per andare a Rimini, trasferta gravida di impensate conseguenze.

Lasciai quel lavoro che proprio non mi si confaceva, il caponegozio, settore casalinghi, per cercare miglior fortuna, che trovai presso la polizia municipale.

Quel lavoro non mi piaceva per niente e non lo rimpiango anche se in quei locali ho conosciuto alcune persone splendide come la mia mitica Iole, una donna fantastica oppure l’ottima Paola, in quel di Rimini.

Bando ai ricordi.

Un episodio ben più recente e assolutamente piacevole è stata una deliziosa cena, in un locale di recente inaugurato a Parma, con amici e colleghi della provincia: una serata in compagnia di Valentina, Chiara, Nicola e Loris amici e professionisti seri e competenti, persone davvero piacevoli da ogni punto di vista.

La serata è scivolata via che è stato un piacere tanto che sono arrivato all’una di notte senza nemmeno accorgermene.

Un episodio curioso ha concluso la serata: il cameriere ci ha portato un conto dimezzato rispetto alla consumazione; la collega più sveglia di me se n’è accorta subito e, molto onestamente, glielo ha detto; il cameriere ha verificato confermando, all’inizio la cifra molto più bassa, poi cercando salvezza in una frase un po’ strampalata “se ne sarebbero accorti alla cassa”.

Abbiamo pagato il dovuto, non so se il cassiere se ne sarebbe accorto, comunque non hanno manco fatto il gesto di offrire un caffè: non ci sono più i bravi commercianti di un tempo! Nessuno di noi ha lamentato né preteso nulla, com’è ovvio, ma penso che un bravo gestore, di fronte ad una possibile perdita di un’ottantina di euro farebbe un figurone ad offrire 5 caffè o fare uno sconto, un modo ottimo per farsi pubblicità e mostrare riconoscenza, cioè un sistema a costo bassissimo per fidelizzare i clienti, ma tant’è…

L’alluvione è stato un altro di quegli eventi che uno non vorrebbe mai sentire nominare e vedere il giardino della Reggia di Colorno sommerso dall’acqua mi fa una gran tristezza, per non parlare di tutte le abitazioni e attività produttive che sono state malridotte a Lentigione.

Ma mentre l’acqua si divorava la bassa reggiana io avevo appuntamento in quel di Modena, alla Scuola di Polizia, dove ho rivisto con gioia degli altri fantastici colleghi: da Lazzaro Fontana ad Alessandro Scarpellini, alla super mitica Miranda Corradi per concludere la giornata con quattro chiacchiere in compagnia del mio prediletto Cristian Cosimo.

Degli eventi luttuosi ho già trattato ma, giusto per non farmi mancare niente nella mattina del 13 dicembre sono intervenuto per un decesso, per cause naturali, all’interno di un’abitazione, ma su questo mi fermo.

Dopo quell’intervento, però, non poteva mancare un bell’incidente stradale, di quelli fatti bene, con uno scontro coi fiocchi in un orario di gran traffico e su una strada, com’è intuibile, molto frequentata: ne tratto perchè i coinvolti si sono comportati, tra loro e con me intervenuto, in maniera assolutamente straordinaria.

Con una cortesia deliziosa, con grandissima correttezza e cordialità reciproca che mi hanno sollevato il cuore: se penso ai tanti bulletti che litigano per un minimo graffietto arrivando quasi alle mani, era stupefacente vedere degli autentici gentiluomini e gentildonne quasi d’altri tempi, prestarsi reciprocamente conforto e sostegno.

Ho avuto anche occasione di scambiare quattro chiacchiere con un collaboratore dell’Efsa, grazie al quale ho sfoggiato il mio miglior inglese riscuotendo un clamoroso ed inaspettato successo: mi ha detto che ha capito tutto quel che gli dicevo (non vale la reciproca) per cui potrei benissimo andare a New York, meta che sogno da tempo.

La persona in questione mi ha anche parlato della sua permanenza a Parma, confidandomi di non trovarsi per niente bene; mi ha elogiato, di contro Bologna, Milano e Torino; incuriosito ho provato ad approfondire e mi sono sentito dire che Parma è città troppo provinciale, ricca di soldi ma non di cultura, con mentalità da esibizionisti (di ricchezza); dei parmigiani che sono con la puzza sotto il naso e poco accoglienti.

Ignorava di parlare con un parmigiano, il mio accento non è riconoscibile, e quando l’ha scoperto si è scusato delle cose dette ma l’ho rassicurato: non sono così permaloso e non ha fatto affermazioni pretestuose od offensive, tutt’altro.

Ma veniamo all’episodio più curioso, accaduto oggi: stavo tornando dalla mia amata Romagna; avevo erroneamente indossato un paio di scarpe inadeguate quindi avevo un dolore ai piedi non indifferente che mi impediva di camminare velocemente e ancor meno di correre ed avevo un treno da prendere. 

La distanza da percorrere, di solito, la copro in quindici minuti; ne avevo a disposizione 9 per cui ero rassegnato tanto che mi ero fermato a vedere gli orari dei bus sperando in un tempestivo arrivo di questo abbinato ad un ritardo del treno, combinazione non probabilissima.

Erano le 15.03 e la rassegnazione regnava quando si ferma un’auto, una seicento condotta da un signore non giovanissimo che mi dice: hai bisogno di un passaggio? ovviamente gli dico che dovrei andare in stazione e lui mi invita a salire.

Nel tragitto c’è un semaforo, ovviamente rosso, ma il tipo supera i veicoli incolonnati e fermi e svolta a destra tagliando loro la strada e passando col rosso:

non gli ho detto che lavoro faccio perchè mi sembrava scortese e indelicato… specie dopo che ha rischiato pure di tamponare un’altra vettura; arrivato in stazione giusto in tempo mi sono offerto di offrirgli il caffè (sinonimo di lasciargli una mancia) ma lui ha salutato e se n’è andato.

Mi era successo anche un paio di settimane prima di ricevere un pietoso passaggio ma un servizio così completo e “scriteriato” mai.

Sul treno mi trovo a chattare con un amico che mi chiede dove mi trovi; gli rispondo che sono in Romagna, aggiungendo poi “solatia” e quello: “che paese è? non lo conosco”; gli mando tutta la rima (dolce paese cui regnaron Guidi e Malatesta …) e lui continua a dire che non l’ha mai sentita; gli ricordo Pascoli che mi dice di avere studiato, come ci si aspetta da un bravo liceale del classico, ma di quella poesia proprio il nulla.

Miscellanea di eventi, com’è la vita quotidiana, con alternanza di difficoltà e soddisfazioni.

Concludo con una considerazione relativa ad Abramo; a 75 il patriarca riceve un certo invito dal Signore

Dixit autem Dominus ad Abram:

“Egredere de terra tua et de cognatione tua

et de domo patris tui

in terram, quam monstrabo tibi.

 

Il Signore disse ad Abram:

“Vàttene dal tuo paese, dalla tua patria

e dalla casa di tuo padre,

verso il paese che io ti indicherò.

 

Abramo accetta questa proposta ed esce dalla sua terra, ma cos’è questa terra?

Il pollaio, la vita tranquilla con le (poche) certezze faticosamente costruite, il provincialismo, il paesello, il due cuori e una capanna, il poveri ma belli.

La proposta che riceve è allettante e ambiziosa, divenire padre di molti popoli, un fondatore.

Quale arroganza!!! Immagino Abramo nella sua tenda a rifletterci sopra, a consultare la moglie, gli amici, tutti a sconsigliarlo (chi lascia la strada vecchia per quella nuova sa quel che lascia non quel che trova), tutti a ricordargli che è meglio fare il gallo nel pollaio che il fondatore di popoli.

Abramo lascia l’idea del misero garantito: è una figura della nevrosi, dell’uscita dalla nevrosi: accettata la proposta di un altro, su quella c’è un lavoro che mette in movimento la storia, anzi crea storia.

L’instabile insoddisfatta stabilità della nevrosi come compromesso cede il posto ad una soluzione destabilizzante: l’uscita verso una terra nuova, un diverso regime giuridico, una posizione diversa.

In parallelo ci trovo Mosè e il popolo di Israele che è schiavo in Egitto.

Anche in questo caso c’è l’alternativa tra la certezza della pancia piena e l’incognita di seguire quel “folle” ambizioso e arrogante di Mosè che vuole fondare un suo popolo.

Sappiamo che né Mosè né l’intera generazione che lo ha seguito hanno visto la terra promessa, tuttavia questo è l’unico lavoro che valga la pena di compiere.

Un lavoro sovrano, in cui torna anche la soddisfazione del cibo, ben diversa dalla pancia piena.

Ancora una volta è questione di civiltà, come, in fondo, in ogni episodio che ho raccontato sopra.

Ogni civiltà nasce dalla politica e la sera, al momento dell’esame di coscienza ci si potrebbe chiedere: oggi coi miei atti (pensieri, parole, opere e omissioni) che scelte politiche ho compiuto, quale civiltà ho sostenuto?

Esame su cui non perdere troppo tempo, però, per non cadere in tentazione perchè mi ha insegnato Giacomo Contri che “la contemplazione, anche critica, dell’oggetto induce in fissazione”.

Parma, 14 dicembre 2017 memoria di san Giovanni della Croce sacerdote e dottore della Chiesa

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