malore in treno e maleducazione

In treno, un caldo torrido, finestrini aperti… a poca distanza percepisco che una signora non è proprio in forma ma c’è una gentilissima ragazza che le presta assistenza per cui non mi avvicino, considerando che c’è anche il marito.

Arriviamo a Parma, c’è un po’ di ressa nei pressi della porta; all’improvviso una signora, era la stessa, adesso accanto a me, sviene tra le braccia del marito) non è stato chiarito se sia stato il mio fascino a stenderla, d’altronde essendo un signore non potevo porle domande indiscrete).

A questo punto ci siamo coinvolti tutti per aiutarla, così l’ho presa tra le mie amorevoli braccia e l’ho trasportata sulla banchina, qualcun altro ha portato le valigie, una delle quali ho fatto mettere sotto la testa sollevandole le gambe; nel frattempo la ragazza di prima attivava il 118 (una chiamata, agli altri ho ordinato di non chiamare per evitare inutili doppioni), ho fornito le informazioni richieste (respira, è cosciente, ecc) ed in effetti appena alzate le gambe la donna ha iniziato a riprendere coscienza.

Assieme a noi tre ragazze presumibilmente nigeriane o di zone limitrofe si sono affaccendate per farle aria, sventolando un fazzoletto o sostenendole le gambe, in attesa del 118.

Il marito, in un momento di scoramento, si è messo a piangere ma una delle tre ragazze s’è messa ad incoraggiarlo: “piangi? no, non piangere, non c’è da piangere!” con un tono così deciso che era impossibile non obbedirle.

Arrivato il 118 e la polizia ferroviaria me ne sono venuto via coi ringraziamenti (chissà poi per cosa visto che non ho fatto praticamente nulla) del marito.

Episodio di una banalità unica, ne accadranno mille al giorno nelle grandi città, ma mi piace ricordarlo perchè di fronte ad una necessità c’è stata una collaborazione che non ha guardato al colore della pelle o alla provenienza geografica, ma tutti hanno dato una mano.

Al contrario, durante il viaggio di andata, due uomini, tedeschi o comunque del nord Europa, erano seduti accanto a me, separati soltanto dal corridoio; uno dei due, proprietario di una grossa e, pare, pesantissima valigia, non ha pensato di meglio che lasciarla in mezzo al corridoio stesso, in modo tale da rendere perlomeno difficoltoso il passaggio di tutti gli altri passeggeri.

Passaggio strettissimo e difficoltoso che lui sperimentava vedendo la gente passare a fatica ed infischiandosene.

Solo l’arrivo del controllore ha modificato la situazione; il suo intervento, a dire il vero un po’ rude, che sia dipeso dalla difficoltà linguistica?, ha risolto la situazione con spostamento della valigia in altro luogo (non più visibile).

La vicenda ha coinvolto anche la mia vicina di posto che si è fatta prendere dalla paura dell’attentato e voleva che venisse ispezionata (almeno utilizzando i raggi X) la valigia.

Morale della favola?

Dal nordico ci si sarebbe aspettati ben altro comportamento, dalle nigeriane nulla e invece…

Fatti banali come questo ci dicono che le teorie razziste cadono da sole nel momento in cui si sperimenta che l’altro è persona in carne ed ossa con la quale è possibile intrattenere un rapporto, foss’anche solo di assistenza sanitaria.

Un po’ quel che è successo al famoso samaritano della parabola, che si è fermato, ha medicato, assistito e ricoverato l’ebreo ferito; non era sicuramente uno buono, il samaritano, non se ne andava in giro ad assistere poveri e malati, non aveva l’ideologia del migrante, del povero o chissà che altro.

Il samaritano ha trovato un ferito ed ha pensato che in futuro chissà… avrebbe potuto farci affari, ben sapendo che l’uomo che stava assistendo non era un morto di fame perchè i briganti non sono così stupidi da perdere tempo e correre rischi per depredare un nullatenente.

Questo ottimo samaritano non era un antirazzista militante, che è poi come dire un razzista politicamente corretto (tanti di sinistra oggi lo sono), ma un imprenditore e, perciò stesso, non razzista, perchè l’imprenditoria è, quando è sana, l’avere a che fare con chiunque sia disponibile a lavorare per un guadagno.

L’assistenza che lo stato italiano offre ai rifugiati/migranti è, in fondo, razzista (non a caso tantissimi italiani si lamentano di essere sfavoriti e discriminati).

Parma, due agosto 2016, memoria dei Beati Filippo di Gesù Munarriz Azcona, Giovanni Diaz Nosti e Leonzio Perez Ramos Sacerdoti clarettiani, martiri

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.