Leggendo il giornale: dalle elezioni alla riforma dei giudici di pace

Giornata post elettorale a Parma e non solo.

Nella città Ducale Chicco Pizza asfalta l’armata di Paolo Scarpa, sostenuto dal pd.

La mia ostilità politica ai grilletti, pentastellati e loro profughi vari è nota quindi  non riprenderò, ma, in fondo, se può esservi un motivo di consolazione,  la sconfitta pidesca mi rallegra e non poco; così come ho saputo essere accaduto a Piacenza, Riccione e addirittura a Campegine.

Cambierà qualcosa? funzioneranno meglio le amministrazioni? Posso anticipare la risposta sin da subito: no.

Quello che non funziona, in questo paese, non è la cosiddetta burocrazia, la macchina statale, regionale, provinciale, comunale, parrocchiale e via  a scendere – che non funzionino è abbastanza evidente – sono gli italiani, siamo noi come popolo (?) che ci aspettiamo e pretendiamo da altri che facciano quel che non vogliamo fare noi.

Paese della pretesa, della consorteria, dell’inciucio, del volemose bene e tengo famiglia.

La caduta di certe roccaforti è utile soltanto a rendere meno “automatico” il rinnovo di certe posizioni di “potere” (sempre più impotente e/o arrogante): la concorrenza dovrebbe migliorare la qualità del servizio, quindi qualche margine di cambiamento potrebbe esserci, ma nulla di epocale o davvero interessante perché nessuno ha intenzione di modificare alcunché del proprio stile di vita.

Leggendo qualche articolo sul sempre interessante Corriere della Sera, ho trovato un pezzo dedicato alla riforma dei giudici di pace, giustamente a dire dell’articolista, in rivolta contro la loro riforma.

Dico subito come la penso: il giudice di pace andrebbe abolito o, perlomeno, adibito soltanto a decidere nei processi in cui le parti siano entrambe private  non riescano a trovare una soluzione a problemi non particolarmente complicati dal punto di vista giuridico.

A loro dovrebbe essere tolta la competenza a giudicare dei ricorsi contro le cosiddette “multe”, sospensioni patenti e atti autoritativi delle pubbliche amministrazioni e per pochi, semplici, motivi.

Il primo, più evidente: le aberrazioni giuridiche di tantissime sentenze; a fronte di una sanzione per eccesso di velocità con sospensione patente il giudice, normalmente, vuole salvare la patente quindi si inventa sentenze in cui conferma il verbale e la decurtazione punti ma annulla la sospensione della patente, in altri conferma la sanzione pecuniaria e annulla decurtazione punti e sospensione, in altri ancora conferma il verbale ma invita il conducente a non dichiarare chi fosse alla guida (nonostante fosse appena stato dichiarato) “causandogli” così un ulteriore esborso di centinaia di euretti.

Questo un semplice campionario.

Il secondo motivo, a mio parere anche più grave, consiste nel clamoroso conflitto di interessi in cui si trova il giudice di pace; in questo periodo il tema del conflitto di interessi è di gran moda (in Italia andiamo a mode) ma, stranamente, viene del tutto dimenticato in questo ambito.

Dove sta il conflitto? è molto semplice: il giudice di pace (parlo di quello civile, ovviamente) viene pagato in base alle udienze che tiene; sono grossolano, al momento, ma la cosa funziona all’incirca così.

Il ragionamento dovrebbe essere chiaro o sbaglio? se i giudici di pace applicassero le leggi con rigore, rigore significa che se la norma prevede delle pene queste devono essere applicate, salvo giustificate, documentate, giuridicamente sostenibili motivazioni, oppure ricadiamo nel sistema italiano che crea leggi apparentemente draconiane che poi nessuno applicherà mai.

Ma dicevo: se il giudice fosse “coerente” con le previsioni di legge, succederebbe un semplice evento, crollerebbe il numero di ricorsi, visto che la stragrande maggioranza di questi sono del tutto pretestuosi, e crollerebbero anche gli emolumenti che spettano ai giudici. Un buon commerciante non scontenta la clientela ed è sempre disponibile ad uno scontarello, che non va ad incidere sul patrimonio di nessuno, tanto lo stato o gli enti locali non possono chiedere conto.

Ovviamente questo discorso è generale e quindi non tiene conto delle singole persone che svolgono questo incarico, come in ogni ambiente anche in questo ci sono degnissimi professionisti, ma il sistema è mal strutturato o meglio è congegnato all’italica maniera.

Ultima notizia, di quelle da non perdere: Massimo Giletti starebbe per lasciare la rai perché gli hanno soppresso il programma “L’arena”.

Premesso che già il titolo rimanda ad una scena dove non è esattamente il pensiero il protagonista: nell’arena si combatteva per sopravvivere, quindi lo scopo non era il lavoro di pensiero con un altro per far fruttificare la terra, ma il cercare di sopraffare l’avversario per sopravvivergli. Un titolo del genere andrebbe vietato per legge, come i suoi omologhi, gabbia e chissà che altro.

Detto questo ed avendo avuto modo di ascoltarne alcuni stralci in occasione di eventi che hanno visto coinvolta la polizia municipale, personalmente non posso che plaudire chiunque abbia avuto il coraggio di invitare Giletti ad andarsene dalla rai (pare, purtroppo, che invece gli abbiano proposto delle prime serate) perchè sarei ben contento di festeggiare il suo abbandono delle reti che contribuisco, purtroppo, a pagare con i soldi detratti dalla bolletta della luce. Non voglio pagarlo coi miei soldi.

Parma, 26 giugno 2016 memoria di San Jose Maria Robles Hurtado

 

Mi sia consentito dire all’autore dell’articolo che le sue deduzioni sui Gdp sono alquanto approssimative, per non dire non vetitiere e fantasiose. Si informi bene prima di scrivere!

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