Labirinto della Masone

Pomeriggio domenicale dedicato alla visita del labirinto della Masone, opera da poco inaugurata da Franco Maria Ricci, nei pressi di Fontanellato.

Il biglietto, non certo economico, costa 18 euro e permette la visita della collezione d’arte del proprietario, la mostra temporanea dedicata a Ligabue ed un altro autore a me ignoto e l’accesso al famoso labirinto, il più grande del mondo, al momento.

Abbiamo dedicato alla collezione l’inizio della visita: le opere di pittura sono molto “normali”, niente di straordinario; le sculture, invece, sono fantastiche. Tra tutte svettano le due opere di Bernini che non mi aspettavo certo di trovare qui: l’anima dannata ed il busto di Papa Clemente X.

C’è anche il bellissimo Cardinale Paluzzo Altieri di Lorenzo Merlini.

La collezione di sculture è davvero bellissima.

Poi ci addentriamo nel famoso labirinto e qui si apre un capitolo a parte; parlare di labirinto in poche righe non credo sia utile, vista l’enorme mole di scritti dedicati all’argomento. Mi soffermo su alcune veloci considerazioni.

Cito dal testo “Il mio labirinto” pubblicato sul sito ufficiale: “Da sempre i Labirinti mi affascinano.  Insieme ai Giardini, sono tra le fantasie più antiche dell’umanità.

Il Giardino, o Eden – così bello che Adamo ed Eva, freschi di creazione, continuavano a stropicciarsi gli occhi – incarna l’innocenza e la felicità; il Labirinto è, invece, una creazione del Potere e una fonte di turbamenti.  Riflette la perplessa esperienza che abbiamo della realtà.
Sognai per la prima volta di costruire un Labirinto circa venti anni fa, nel periodo in cui, a più riprese, ebbi ospite, nella mia casa di campagna vicino a Parma, un amico, oltreché collaboratore importantissimo della casa editrice che avevo fondato: lo scrittore argentino Jorge Luis Borges.

Il Labirinto, si sa, era da sempre uno dei suoi temi preferiti; e le traiettorie che i suoi passi esitanti di cieco disegnavano intorno a me mi facevano pensare alle incertezze di chi si muove fra biforcazioni ed enigmi. Credo che guardandolo, e parlando con lui degli strani percorsi degli uomini, si sia formato il primo embrione di questo mio progetto.

Com’è noto, quando fece costruire il suo Labirinto, che era una prigione, Minosse nutriva intenzioni cupe e crudeli; io immaginai un equivalente addolcito, che fosse anche un Giardino, dove la gente potesse passeggiare, smarrendosi di tanto in tanto, ma senza pericolo. …

Da allora, e soprattutto negli ultimi anni, l’impresa ha assorbito la maggior parte del mio tempo.
Quando nacque, il progetto aveva un carattere abbastanza personale e capriccioso.
Sulle terre che avevano nutrito, e un po’ anche arricchito, la mia famiglia, volevo lasciare una traccia di me – come il gentiluomo Vicino Orsini, che tradusse le sue fantasie solitarie nel Parco dei  Mostri, a Bomarzo.

Col passare del tempo quell’idea primitiva si è in gran parte trasformata.
Forse è colpa dell’età, ma ormai penso al Labirinto di Bambù soprattutto come a un lascito – a un modo di restituire, a un lembo di Pianura Padana che comprende Parma, il suo contado e le città vicine, una parte almeno del molto che mi ha dato.

Accanto al Labirinto sorgeranno un Museo, una Biblioteca, una Scuola, un Archivio, e strutture turistiche che assicureranno, tanto all’Internazionale dei Colti e dei Curiosi, quanto alla gente del luogo, specialmente ai giovani, accoglienza e occasioni di svago, di informazione e di ispirazione, nel segno della Civiltà, dello stile e del comfort. E poi, ovviamente, ci sarà il labirinto di bambù; la superficie che copre è di circa otto ettari, e i percorsi si sviluppano per più di tre chilometri.
Si tratta del più grande labirinto al mondo, almeno per ora, e anche una delle più vaste piantagioni di bambù, almeno in Europa.”

L’idea che il labirinto sia una costruzione del Potere, lo era per quello di Cnosso, mi sembra esatta: è il Potere che subentra all’impotenza che edifica il labirinto, luogo in cui si è smarrita la bussola.

Mi inquieta, invece, l’idea di lascito, cioè di eredità: lasciare in eredità un labirinto che custodisce, nel centro, un tempio, un luogo sacro.

L’idea suggerita pare quella del percorso iniziatico; tra le incerte e confuse vie del mondo il labirinto, razionalizzato con l’applicazione della matematica, cioè della scienza, ha come meta possibile il centro dove si trova uno spazio sacro vuoto poiché al centro nulla vi è se non il vuoto della piramide che, guarda caso è un monumento funebre ed insieme una sfida all’eternità.

L’interno della piramide, non a caso, è dorato, come lo sfondo delle icone bizantine: il tempo scompare per lasciare posto ad un’eternità vuota e priva di significato.

Tempio del narcisismo, non diversamente dal Vittoriale, pensiero molto religioso.

Ricordo che l’ideatore è stato editore di volumi e riviste di pregio estetico straordinario; la rivista, che ricordo, si intitolava F.M.R. che pronunciata alla francese ha un’assonanza incredibile con éphémère.

Non mi sembra nemmeno un caso che proprio a Parma sorga un’idea di questo genere: la Parma della puzza sotto il naso, che aveva la Parmalat, una squadra di calcio (non tutti i mali vengono per nuocere), un simil aeroporto e che si è persino permessa il lusso (bleah) di un sindaco grillino (doppio bleah).

Resta che il labirinto è una trappola da sciocchi o meglio la descrizione a posteriori dell’essersi smarriti, poi costruita intellettualmente e matematicamente in vari modi.

C’è la versione popolaresca, da baraccone, con la giostra degli specchi in cui entrano i ragazzotti per smarrirsi nella propria immagine riflessa, sapendo che è un gioco; ci sono le versioni più raffinate che nella loro intellettualizzazione sono idealizzazioni perverse; c’è un labirinto per tutti i gusti e tutte le tasche.

Il labirinto di specchi c’è anche nel romanzo dell’amico Francesco Gallina, De Perfectione (chi non l’avesse ancora letto si vergogni un po’ e corra ad ordinarlo), da cui il protagonista esce con una soluzione intelligente e condivisibile.

La soluzione a questo arte-fatto (poiché tale è, di natura non c’è nulla) è la bussola (smarrendo la quale si finisce nel labirinto) e il giudizio su di sé: che stupido che sono stato a caderci (cioè a costruirmelo attorno).

Nel labirinto abbiamo offerto assistenza ad una coppia di simpatici coniugi lombardi che si erano smarriti; i miei compagni non hanno avuto miglior sorte ed io mi prendo il merito di averli condotti all’esterno, senza tentennamenti e smarrimenti; ho dichiarato che se avessi lo stesso senso dell’orientamento al lavoro… in effetti l’esperienza è, per me, straordinaria visto che è mia abitudine perdermi anche nel più proverbiale dei bicchieri vuoti.

Noto per concludere che Teseo ha ricevuto la bussola (filo d’Arianna) da Arianna, una donna poiché come per la salvezza, la bussola la si riceve da altri e la donna è la (possibile) unica amica dell’uomo.

Mi viene un paragone immaginifico e me ne scuso: dal proclama di Marinetti nel famoso Manifesto del Futurismo, prendo questa citazione: “Noi vogliamo glorificare la guerra – sola igiene del mondo – il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna”, l’attacco alla donna è un attacco alla civiltà.

Fidenza, 21 giugno 2015 memoria di san Luigi Gonzaga

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