in viaggio per Berlino

Ero tesissimo, nei giorni scorsi, pensando al viaggio a Berlino, da solo, viste le mie competenze linguistiche pari a zero. L’angoscia si tagliava col coltello ed i sintomi ossessivi mi hanno accompagnato per un po’ (verifica documenti, cose da portare, itinerari…).

Fortunatamente l’aiuto di (san) Davide mi ha sollevato un po’ da alcune preoccupazioni relative all’arrivo, in un orario non felicissimo, le 21.50, in un aeroporto abbastanza decentrato ed assai distante dalla stanza che avevo prenotato.

Sono comunque partito, al mattino, anche se il volo era previsto per la sera perchè avevo deciso di fare tappa al Cimitero Monumentale di Milano, dove mi mancavano ancora alcune parti da vedere; qui ho scattato le mie prime 359 foto, giusto per allenarmi un po’ in previsione… ma di questo parlerò in altra occasione.

Arrivo, a Orio al Serio, tutto va come deve: il viaggio, con la consueta Ryanair, procede nel migliore dei modi; l’unico neo è l’assegnazione dei posti che mi impedisce di accaparrarmi il solito, amato, posto vicino al finestrino.

Debbo dire che apprezzo molto la svolta di Ryanair, con la quale cercherò di viaggiare ancora quanto prima.

Al mio fianco mi trovo due manager, uno di questi è siciliano, che parlano, male, dell’Italia (mica difficile, vero?) e si raccontano degli studi all’estero dei figli; uno dei due, racconta che essendo sposato con una tedesca, i due figli decise di farli comunque nascere in Germania e di essersi trasferito a vivere lì da quando, circa tre anni orsono, aveva iniziato a percepire che l’Italia era entrata in una fase di declino (reversibile, aggiungo io? non credo).

Il siciliano, invece, spiega che lui i figli li ha fatti nascere tutti in Italia: la moglie è stata seguita dal ginecologo storico che lui chiama “il medico delle passere di famiglia”, espressione che mi ha disturbato un po’. Sento a tratti la conversazione che scivola sulla Ferrari (uno dei due prevede la vendita ad un marchio americano in modo da farla diventare un prodotto americano, quindi nazionale e non più straniero, per quanto eccellente) e la Fiat (affermando che, nonostante quel che dicono i giornali, si è trattato di un assorbimento da parte americana e non certo un’acquisizione italiana, aggiungendo, a suo dire, che erano stati commessi errori vari nella gestione – a differenza di Renault – tanto che la fiat risulterebbe perdente sul mercato europeo).

Le mie incompetenze economiche mi fanno ascoltare con attenzione ed apprezzare comunque delle valutazioni fatte da uomini che non si lamentano per il gusto di farlo, ma avendo anche idee da proporre; non ho osato intromettermi e ne sono un po’ pentito perchè credo sarebbe stato interessante capire come vedono l’attuale situazione. Hanno fatto anche un cenno alle dispute sull’articolo 18, criticando il Proclamatore che avrebbe promesso di voler dare diritti anche a chi non li ha; uno dei due interlocutori commentava chiedendosi che senso avesse una tale affermazione. Diceva che il lavoro non è un diritto e che non si garantiscono i diritti in astratto; continuava dicendo che il capo del governo si dia da fare per ampliare le possibilità di lavoro, aiuti le aziende a creare posti di lavoro, allora si potrà discutere di come regolamentarli e quindi di diritti, parlarne senza posti di lavoro è pura demagogia.

Altra parte dei loro dialoghi è stata dedicata ai pubblici dipendenti: secondo uno di questi i pubblici dipendenti (ma direi che si riferiva più ai dirigenti che non agli addetti) sono troppo interessati  a tutelare le rispettive posizioni di potere piuttosto che a lavorare con degli obiettivi da raggiungere. Il tipo affermava con convinzione che ben diverso sarebbe stato se avessero dovuto mandare avanti uno stabilimento o comunque un’impresa.

Notazione interessante perchè è vero che la struttura stessa delle pubbliche amministrazioni impedisce la possibilità di creare nuove torte: la torta è già data e si tratta di dividerla, cioè di lottare con altri per avere una fetta più o meno grossa; ho già parlato di questa idea che davvero mi sembra tipica delle organizzazioni che non hanno scopo di lucro (non mi riferisco alle ong o alle onlus che un’idea di lucro, magari non economico, questo poco importa, ce l’hanno). Lo strumento diventa lo scopo, con tutte le conseguenze del caso (vedi la sopravvivenza dei tantisismi enti inutili). Questo sottobosco è il terreno di coltura di quei pericolosi intrecci cui siamo troppo abituati, tra boiardi e politici: gli uni hanno bisogno degli altri per sostenersi con i modi ed i risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Dante, Paradiso XXII, 151, descrive bene la situazione, con magistrale sintesi: “l’aiuola che ci fa tanto feroci” è la traduzione poetica dell’idea invidiosa della spartizione.

Grazie a tali discorsi, che sentivo a sprazzi, mi sono distratto dalle preoccupazioni.

L’arrivo è stato in orario così ho potuto recarmi subito ad acquistare la Berlin welcome card (40,50 € per tre giorni zona ABC) ed il biglietto della metro (la card avevo pensato di vidimarla il giorno sucessivo).

Qui è iniziato il grande problema, ma ne parlerò nel prossimo post.

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