giovani in via Cavour

Nel pomeriggio di sabato 10 febbraio mi è accaduto un fatto curioso: durante un servizio in centro storico, ho avuto occasione di avere vari dialoghi coi ragazzotti che bazzicano la zona; uno di questi si lamentava di non riuscire a vedere la propria … chiamiamola ragazza (l’uso gergale rimanda, invece, alla più famosa sineddoche); al mio stupirmi ha risposto con questa frase: ” e come faccio a riconoscerla, sono tutte uguali”.

Ha continuato dicendo che le ragazze presenti erano tutte bionde e vestite allo stesso modo.

Erano presenti anche alcune ragazze, nessuna delle quali ha obiettato alcunché, forse non hanno sentito, non so: dalle espressioni credo che nessuna fosse in grado di formulare un pensiero un minimo intelligente sulla propria condizione di ragazza (ne traggo la consolazione che almeno gli insegnamento boldriniani cadono nel vuoto presso questo uditorio).

La frase che ho citato mi ha fatto pensare alla pornografia del Duca di Mantova del Rigoletto: “questa o quella per me pari sono a quant’altre d’intorno mi vedo”, in realtà temo che la situazione sia anche peggiore poiché il duca era un libertino ma sceglieva tra donne diverse, mentre qui non c’è scelta.

Nemmeno il Don Giovanni, “Purché porti la gonnella/voi sapete quel che fa”, mi soddisfa.

Forse potrebbe essere indifferenza: se sono tutte uguali, nemmeno le figurine dell’album dei calciatori erano, ai miei tempi, tutte uguali anzi, se sono tutte uguali che senso ha impegnarsi nel rapporto con una o con l’altra?
Sono soltanto “fi.he”, intercambiabili, perché non c’è alcuna scelta di una persona conveniente (con la quale si sta bene) ma il semplice fare come fanno tutti.

Istinto, moda, conformismo: ragazzotti adrenalici ma poco eccitabili; come dice Giacomo Contri “l’eccitamento chiama fuori.” Ed aggiunge: “L’offerta non produce domanda ma elaborazione, iniziativa: dovrebbe essere comune il quesito “Ma cosa vai a pensare?””

Elaborazione ed iniziativa, ecco quel che flagrantemente manca a questi giovani, già vecchi.

Mi faceva notare un amico tempo fa che chi non legge (e non studia o non ha studiato) si riduce a pensare o meglio ripetere quel che ha sentito in tv, in qualche social media o dai compagni, il tutto a scapito del pensiero.

Pensiero che si concretizza, tra le altre cose, anche nel gusto, impoverito uno, depauperato l’altro e via riducendo: il bullismo, la spavalderia di questi giovanotti senz’arte né parte, sono, tra le tante altre cose, un modo di affermare un insostenibile vuoto.

Come nel barocco il vuoto è insopportabile, così molti di questi ragazzotti riempiono questo vuoto esorcizzandolo nell’identificazione, nel branco, nella “cultura” del gruppo che convalida il loro vuoto.

La soluzione scelta è quel che Freud chiamava massa: non è vero che i giovani sono indifferenti alla religione, sono religiosissimi: il cellulare, il jeans di moda, il tatuaggio, la droga … sono tanti e variegati gli dei cui questi si sottomettono.

Parma, 10 febbraio 2018 memoria del Beato Alojzije Viktor Stepinac  Vescovo e martire

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