Ernesto Galli della Loggia e il Potere

Ernesto Galli della Loggia è un professore universitario, opinionista del Corriere della Sera, di acuta intelligenza, anche quando scrive cose non condivisibili, come non in questa occasione.

Parlo di un editoriale di sabato 22 luglio 2017, di quelli che purtroppo finiranno negli archivi senza diventare occasione di riflessione.

Se penso al clamore mediatico dovuto alle dichiarazioni di un consigliere comunale del pd di Ancona che ha scritto considerazioni al limite dell’ovvio sui fatti accaduti 16 anni or sono a Genova in occasione del G8, che hanno portato alla morte di Carlo Giuliani e lo confronto col silenzio sull’editoriale di Galli della Loggia mi viene la depressione.

Ma un motivo c’è e molto semplice: parlare della fine di un giovane che è morto attaccando con un estintore  una camionetta dei carabinieri è una delle tante solite occasioni che hanno gli schieramenti avversi per ergersi l’un contro l’altro armati, espediente per dimostrare di esistere e per lanciare un qualche anatema a tutti coloro che non sono ideologicamente inquadrati.

Trattare della questione che Galli della Loggia ha sollevato, al contrario, implica assunzione di responsabilità di giudizio sulla gestione della cosa pubblica che richiede una messa in gioco di antiche consuetudini di utilizzo del potere.

Ma veniamo all’editoriale: cosa dice il professor Galli della Loggia? che in Italia “la politica, anche quando vuole non può contare sullo strumento essenziale che è tipicamente suo: il Potere”.

Manca il Potere, la facoltà di portare a compimento le scelte adottate: questo è sotto gli occhi di chiunque frequenti una pubblica amministrazione, ma quel che è interessante è la motivazione.

Eccola: “perché ormai la vera legittimazione del potere politico italiano non deriva dalle elezioni, dalle maggioranze parlamentari, o da altre analoghe istanze o procedure. Svaniti i partiti come forze autonome, come autonome fonti d’ispirazione e di raccolta del consenso, l’autentica legittimazione del potere politico italiano si fonda su altro: sull’impegno a non considerare essenziale, e quindi a non esigere, il rispetto della legge.”

Un’affermazione enorme, almeno a mio parere; Galli della Loggia sostiene che la legittimazione della politica italiana deriva dallo stare in altro luogo rispetto alla legge tanto che il il Paese è “lasciato in sostanza in una vasta condizione di a-legalità: come per l’appunto è oggi.”

Se la politica si ferma al limitare della legge il passaggio verso un regime che poco ha a che fare con la democrazia rischia di essere molto breve.

La legalità rischia di diventare un accessorio da utilizzare come arma contundente quando serve colpire un avversario, salvo diventare subito un inciampo non appena applicabile a casa propria.

La colpa non è solo dei politici, incolpare loro è un modo tipicamente italiano per scaricarsi la mala coscienza.

La questione è ben più grave  come spiega ancora Galli della Loggia: “In Italia, insomma, tra il potere del tutto teorico della politica da un lato, e il potere o meglio i poteri concreti e organizzati della società dall’altro, è sempre questo secondo potere a prevalere. Da tempo la politica ha capito e si è adeguata, rassegnandosi a non disturbare la società organizzata e i suoi mille, piccoli e grandi privilegi. Il che spiega, tra l’altro, perché qui da noi non ci sia più spazio per una politica di destra davvero contrapposta a una politica di sinistra e viceversa: perché di fatto c’è spazio per una politica sola che agisca nei limiti fissati dai poteri che non vanno disturbati. Da quello dei parcheggiatori abusivi a quello delle grandi società elettriche che possono mettere pale eoliche dove vogliono.

Ma in un regime democratico, alla fine, il potere della politica è il potere dei cittadini, i quali solo grazie alla politica possono sperare di contare qualcosa. Così come d’altra parte è in virtù del potere di legiferare, cioè grazie allo strumento della legge, che il potere della politica è anche l’origine e il cuore del potere dello Stato e viceversa. Una politica che rinuncia a impugnare la legge, a far valere comunque il principio di legalità, è una politica che rinuncia al proprio potere e allo stesso tempo mina lo Stato decretandone l’inutilità. Rinuncia alla propria ragion d’essere e si avvia consapevolmente al proprio suicidio. Non è quello che sta accadendo in Italia?”

Se la legge è un impiccio, se il Potere si arresta di fronte alle consorterie le prospettive non sono entusiasmanti poiché si finisce nel solito falso bivio tra impotenza e prepotenza.

L’impotenza che paralizza qualunque iniziativa (dal banale “abbiamo sempre fatto così” in avanti, alle liti da cortile, anzi pollaio per assurde divisioni dei compiti): quando la burocrazia non è al servizio dello stato o dell’ente pubblico subito si trasforma nella culla di queste discussioni quasi quotidiane su quale compito competa a chi, il tutto sostenuto, spesso e volentieri, da sindacati che sopravvivono grazie a questo.

Quando, qualche tempo fa, parlavo di civitas e pollaio parlavo di un tema analogo: la chiusura nel pollaio è una caduta di potere che consegna la civitas alla guerra civile e alla dissoluzione, cioè, ancora una volta all’oscillare tra impotenza e prepotenza.

Male antico della penisola se già Dante così apostrofava i cittadini del tempo:

“e ora in te non stanno sanza guerra

li vivi tuoi, e l’un l’altro si rode

di quei ch’un muro e una fossa serra.                      

Cerca, misera, intorno da le prode

le tue marine, e poi ti guarda in seno,

s’alcuna parte in te di pace gode.

Ahi gente che dovresti esser devota,

e lasciar seder Cesare in la sella,

se bene intendi ciò che Dio ti nota,                       

guarda come esta fiera è fatta fella

per non esser corretta da li sproni,

poi che ponesti mano a la predella.”

Il cattolicesimo, quello sano, è sempre stato amico di Cesare.

Oggi più che mai Cesare ha bisogno dell’aiuto dei buoni, cioè dei cives, ma il pollaio regna.

Grazie a Ernesto Galli della Loggia, che ha un pensiero degno della civis, non in numerosa compagnia.

Parma, 24 luglio 2017 memoria di santa Cristina di Bolsena martire

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