Cristianesimo infetto

Cristianesimo infetto è il titolo del IX capitolo del libro di George L. Mosse dedicato al razzismo in Europa; a cosa sia dedicata questa parte del volume è di facile intuizione.

Sintesi difficile perchè ogni frase di Mosse è un tassello importante nel percorso di ricostruzione dell’avvento del razzismo in Europa e non solo; qui si documenta come il cristianesimo, sia quello cattolico che quello protestante, abbiano ceduto alle profferte del razzismo; ecco dunque la sintesi.

Johann Gottlieb Fichte
Johann Gottlieb Fichte

Il razzismo è stato un modo di pensare “ecumenico”, disponibile ad alleanze con le principali tendenze del secolo: nazionalismo, spiritualismo, moralità borghese e fede nella scienza.

Pur avendo un’idea di salvezza esclusiva, il razzismo non si oppose al cristianesimo cui offrì, invece, un boccone avvelenato; il cristianesimo, al contrario, non poteva ricavare alcun vantaggio da un’alleanza con teorie che avrebbero svuotato di ogni valore il sacramento del battesimo, capace, secondo la dottrina, di trasformare gli uomini in cristiani prescindendo dalla loro origine o razza

Se molti fedeli e religiosi operarono secondo l’insegnamento cristiano e respinsero il razzismo e altri, come i quaccheri, aiutarono i perseguitati, molti furono, tra i protestanti ed i cattolici, a cadere nella trappola.

David Friedrich Strauss
David Friedrich Strauss

I trascorsi di questo pessimo sostegno reciproco tra cristianesimo e razza risalgono agli stereotipi relativi agli ebrei e ai neri, accettati da molti cristiani e dalle loro Chiese, anche se in teoria il battesimo avrebbe dovuto farli scomparire.

Inoltre, finché si fosse continuato a pensare che la civiltà europea fosse una civiltà cristiana e lo stato uno stato cristiano, gli ebrei che conservavano la propria fede avrebbero sempre corso il pericolo di apparire degli stranieri.

Tra diciottesimo e diciannovesimo secolo, nel periodo di emancipazione degli ebrei, in Inghilterra ci fu comunque il tentativo di salvaguardare il carattere cristiano del loro stato e della loro società stabilendo una netta divisione tra il «Dio di Mosè» e il «Dio dei cristiani» ed in Germania, nello stesso periodo il giovane Johann Gottlieb Fichte biasimava la religione del Vecchio Testamento perché eretta sul nazionalismo e l’odio ed estranea a ideali di libertà ed eguaglianza.

 Proprio nel periodo dell’emancipazione ebraica, all’inizio del secolo XIX, si sviluppò un’avversione per il Vecchio Testamento, considerato di appartenenza ebraica e quindi privo di alcun interesse per i cristiani, oppure come subordinato al dramma cristiano della salvezza.

Ernest Renan
Ernest Renan

Lo stereotipo ebraico fu assorbito nella concezione cristiana del mondo mentre il razzismo tentò separare  il cristianesimo dalle sue origini ebraiche attraverso l'”emarginazione” del Vecchio Testamento visto come una barriera di difesa degli ebrei in quanto indispensabili attori nel dramma della salvezza.

Ci furono teologi cristiani che proposero di sciogliere il legame tra antico e nuovo testamento: se da una parte il giudaismo fu considerato un fossile da coloro che, con Hegel, credevano nell’inevitabile progresso dell’autocoscienza dell’uomo attraverso la storia, dall’altro i nazionalisti cercarono di collegare il cristianesimo al loro proprio passato tribale piuttosto che a quello israelitico.

Paul de Lagarde
Paul de Lagarde

Furono le elaborazioni hegeliane che portarono allo scontro col cristianesimo tradizionale per scoprire il vero spirito storico del mondo, e furono questi «giovani hegeliani» a stabilire la direzione della nuova esegesi biblica; tra questi David Friedrich Strauss nel suo “La vita di Gesù” (“Das Leben Jesu”, 1835), tentò di conciliare l’essenza della fede ed il metodo storico: Strauss proclamò la nascita di Cristo, i miracoli da lui compiuti e la risurrezione, verità eterne la cui esistenza era indipendente dai fatti storici.

 La vita di Cristo rappresentava, per lui, l’eterna lotta per la perfezione spirituale, mentre gli eventi biblici erano ridotti a semplice storia o mito, ma comunque con esclusione degli ebrei dal messaggio di Cristo.

Julius Langbehn
Julius Langbehn

L’esegesi biblica del diciannovesimo secolo fu improntata a questo atteggiamento, come si ritrova anche nel pensiero di Ernest Renan nella sua famosissima “Vita di Gesù” (“La vie de Jésus”, 1863): Cristo non ha rinnovato la vecchia religione (il giudaismo), bensì ha proclamato una «religione eterna dell’umanità» opposta al dogmatismo e all’intolleranza del Vecchio Testamento.

Secondo Renan Gesù era esente dal provincialismo della razza ebraica accusata anche di intolleranza, chiusa com’era nella sua applicazione della legge ostile alla potenza dell’amore; accuse abbastanza frequenti nell’esegesi biblica del XIX secolo.

Bruno Bauer
Bruno Bauer

Renan, tuttavia salva in un qualche modo gli ebrei moderni per i quali il giudaismo biblico avrebbe perduto la sua importanza permettendo così anche a questo popolo di dare importanti contributi al progresso moderno.

Prima di Renan ci fu in Germania, un teologo luterano e professore a Jena, Karl August von Hase, che aveva fatto le sue stesse osservazioni.

Egli scrisse una popolare “La vita di Gesù” (“Das Leben Jesu”, 1829), pensata come libro di testo per le scuole: in esso, proprio come Renan, il cristianesimo veniva contrapposto, agli ebrei, religione per l’umanità contro il particolarismo ebraico.

Von Hase considerava il giudaismo ristretto nelle leggi e nella fede di un singolo “Volk” mentre Gesù era considerato fuori della storia, simbolo del divino in ogni uomo; da questo ricavava che il cristianesimo è una fede valida per ogni tempo e confinava gli ebrei e la loro religione in un ben preciso periodo storico.

Edouard Drumont
Edouard Drumont

Questi pensatori non ipotizzavano persecuzioni ebraiche, nè sono considerabili razzisti, tuttavia la separazione da loro introdotta tra Cristo ed il Vecchio Testamento favorì la strada al Cristo germanico di Houston Stewart Chamberlain.

Il nazionalismo tedesco aveva cercato di assorbire il cristianesimo con questa manovra di separazione dalle sue origini ebraiche sostitute dall’antico passato tribale, mentre Bruno Bauer, giovane hegeliano, verso la metà del secolo diciannovesimo, lo aveva accusato di estraniare l’uomo dallo stato che invece dovrebbe essere la sua unica forza integrante.

 I protestanti iniziarono a lasciare da parte la legge mosaica inutile per il culto interiore di Dio, visto che riguardava unicamente gli ebrei; per tutto il diciannovesimo secolo l’ostilità verso il Vecchio Testamento fu approfondita mediante analogie tra la salvezza nazionale e quella cristiana, popolari specialmente in Germania sin dai tempi delle guerre di liberazione contro Napoleone.

La chiesa protestante tedesca (“Kirchentage”) tendeva ad identificare cristianesimo e “Volk” mentre l’«Associazione protestante», fondata nel 1863, sosteneva l’idea di una chiesa cristiana nazionale: se è la provvidenza a governare la vita delle nazioni, la rivelazione non può venire che dalla stessa nazione chiamata ad essere eletta, non certo scaturire da un popolo straniero.

Xavier Vallat
Xavier Vallat

Un tale idea di protestantesimo germanico fu manifestamente nazionalista tanto da sostenere una politica estera ostile sia alla Francia che all’Inghilterra: la prima, considerata la patria dei «papisti», schiavizzava l’uomo, la seconda accusata di essere culla di un «protestantesimo ipocrita, falsamente umanitario ma realmente interessato a ricchezze e conquiste territoriali.

I nazionalisti francesi non diversamente dai loro simili tedeschi consideravano materialisti e aggressivi, protestanti ed ebrei.

L’antagonismo nazionale non sfociò comunque nel razzismo soprattutto dove vi fu coincidenza di interessi politici come tra Inghilterra e Germania, mentre gli ebrei rimasero estranei a questo tipo di rapporti tra le nazioni dell’Europa.

Karl von Vogelsang
Karl von Vogelsang

L’antisemitismo, però, attecchì nel terreno di coltura preparato da queste concezioni cristiane che alla fine del XIX secolo produssero frutti avvelenati come la religione nazionalistica di Paul de Lagarde o di Julius Langbehn che individuavano il  “Volk” come vaso di Dio, la vera rivelazione dello spirito divino.

La rivelazione al “Volk” comportò l’abbandono della legge imposta al cristianesimo dagli ebrei, con le accuse a san Paolo di ristrettezza, provincialismo e legalismo e di essere stato il cavallo di Troia usato dall’ebraismo per imprigionare il cristianesimo nella legge mosaica.

La frattura tra Vecchio Testamento e nuova alleanza si completava grazie ai teologi protestanti che cercarono, inoltre, di ravvivare i misteri del cristianesimo contro il razionalismo e la religione razionalistica, ottenendo, invece, la laicizzazione della religione.

Con passaggi  “logici”, un volta che l’incarnazione cristiana finiva nelle fauci del “Volk” la semplice conversione degli ebrei non era più sufficiente: oltre al battesimo sarebbe servita l’appartenenza al “Volk”, ma come sarebbe stato possibile da parte degli ebrei che, da secoli, non ne facevano parte?

Gli ebrei avrebbero avuto problemi a diventare cristiani ma non solo: se fossero rimasti tali non avrebbero mai potuto diventare cittadini a pieno titolo; per i cattolici  era difficile accettare una simile elaborazione, tuttavia ci fu chi condivise comunque questo modo di pensare.

René de La Tour du Pin
René de La Tour du Pin

Al contrario il protestantesimo, che aveva il proprio fondatore inserito tra i grandi patrioti per la sua lotta contro il cattolicesimo ultramontano, accettò con facilità l’ingresso nella mistica nazionale: per tutto il XIX secolo e sino al XX inoltrato Lutero divenne il grande liberatore dello spirito tedesco dalla servitù cattolica e romana; questo comportò ostilità alla cattolica Francia quindi con il “Kulturkampf” bismarckiano anche la rescissione di ogni legame del cattolicesimo tedesco con gli stranieri.

Il patriottismo tedesco fu imitato anche  da una parte dei cattolici che cercarono di dimostrarlo escludendo gli ebrei dalla «nazione cristiana».

In realtà fino agli inizi del XIX secolo l’assimilazione ebraica non aveva incontrato particolare ostilità; fu a metà del secolo che sorsero le barriere che resero l’ebreo uno straniero, grazie agli attacchi portati alle origini ebraiche del cristianesimo ed all’identificazione di cristianesimo e stato.

Seppur da diverse angolazioni l’ebreo venne emarginato sia da chi era disposto all’assimilazione dei singoli (ma favorevole alla loro esistenza come gruppo perché non cristiani e perciò rientranti nello stereotipo ebraico) sia da chi, pur invocando libertà e uguaglianza, pretendeva che venisse abbandonata la religione

Adrien Albert Marie de Mun
Adrien Albert Marie de Mun

Seppur furono ripresi gli ideali illuministici, con i relativi diritti riconosciuti ai singoli, da questi furono esclusi gli ebrei, ritenuti legati ad una religione arcaica.

Fu questo un modo per risolvere l’urto tra le culture ebraica e cristiana in Europa.

All’inizio vi fu una certa tendenza a mantenere vivi sia lo stereotipo ebraico che la richiesta di emancipazione, come testimonia una lettera scritta dal preside di una scuola elementare al consiglio comunale della cittadina tedesca di Bruchsal nel 1809.

Da un lato chiedeva istruzione in comune nella scuola elementare per i bambini ebrei e tedeschi, dall’altro evidenziava le difficoltà, fra le quali vi erano non solo l’odio inveterato dei cristiani per gli ebrei, ma anche la mancanza di pulizia di questi ultimi e il loro cattivo odore.

Lo scontro tra queste differenti culture in Europa era difficile da superare, bisogna, comunque, tenere distinte la persecuzione cristiana da quella razziale.

Sino allo scoppio della Grande Guerra ci furono tumulti antiebraici praticamente in tutta Europa ed in Russia, abitualmente basati sui consueti cliché degli uccisori di Cristo, usurai e praticanti l’omicidio rituale, come avvenne in Germania nei vari tumulti del 1819, 1830, 1844 e 1848; in questo caso la causa scatenante fu la carestia e il declino dell’artigianato che incisero sulle classi più umili e povere e che le indussero a prendersela con gli ebrei, utilizzando i consueti simboli: una bandiera bianca con una croce rosso sangue o un pupazzo rappresentante Giuda impiccato.

Adolf Stoecker
Adolf Stoecker

L’accusa di omicidio rituale sopravvisse anche nella Francia rurale, favorita dalla Chiesa cattolica, mentre in Russia le stesse accuse, che qualche volta provocavano “pogrom”, rientravano nella politica del governo, come non avveniva in nessun luogo di Europa.

Queste attività antibraiche, tuttavia, non miravano allo sterminio quanto, invece, alla loro conversione coatta (in Russia) o all’emigrazione.

Queste occasionali crudeltà miravano all’esclusione dalla società degli ebrei, non certo allo sterminio per il quale sarebbe servito un moderno ed organizzato stato, dotato di adeguata burocrazia; i cristiani, invece, lavorarono per trasformare gli ebrei negli stereotipi della colpa, oggettivata mediante la bruttezza, la sporcizia e la mancanza di spiritualità.

Il ghetto, con i suoi costumi, leggi e tradizioni era il luogo ideale per trasmettere a un mondo esterno facilmente soggetto ad essere intimorito dall’insolito e dal diverso la pessima immagine dell’ebreo; l’obbligo di vivere in tali luoghi conferiva un’aura di verità ai miti sugli ebrei.

Joseph Bloch
Joseph Bloch

La trasformazione dello stereotipo in realtà fu un tentativo costante; così le accuse lanciate contro gli ebrei furono convertite in profezie autorealizzantisi.

 Lo stereotipo di bellezza occidentale era basato sull’ideale classico e simboleggiava una razza superiore: il cristianesimo lo fece proprio e lo utilizzò per giudicare il brutto e il bello; non casualmente Cristo in croce è spesso rappresentato come biondo e alto.

Furono gli anni di metà del XIX secolo  quelli che videro gli ebrei piuttosto che i neri divenire l’ossessione dei razzisti; nello stesso periodo le Chiese cristiane divennero loro ostili, perché considerati simboli di un incombente ateismo e di totale mancanza di radici.

Questa ostilità germogliò soprattutto nel cattolicesimo che si sentiva attaccato dai nuovi orientamenti liberali e scientifici

In Polonia, ad esempio, verso il 1880 l’antisemitismo riprese forza in gran parte come reazione contro il positivismo scientifico, oltre ad un diffuso timore popolare per un ulteriore sviluppo del capitalismo.

La guida del movimento antisemita fu preso da Jan Jelenski, che era stato, in passato, sostenitore dell’assimilazione ebraica.

La situazione tedesca fu forse anche peggiore visto che i cattolicesimo, oltre a combattere la modernità, doveva dimostrare la propria lealtà alla nazione: la soluzione fu la richiesta di un ritorno puro e semplice alla tradizione precedente alla Riforma, caratterizzata dall’unione tra Chiesa e stato.

Karl Lueger
Karl Lueger

 Sebbene l’insegnamento cattolico fosse ostile al razzismo, che attaccava la Bibbia e di fatto dichiarava inefficace, per gli ebrei, il battesimo, tuttavia, nel XIX secolo prevalse poco a poco l’odio per gli ebrei, considerati quasi come i demoni del tempo antico, e la speranza della loro conversione finì nell’ombra.

L’ebreo assunse, per i cattolici, varie forme: ateo, liberale, massone, comunque nemico del cattolicesimo.

Così in Francia ci furono giornali cattolici che stimarono Edouard Drumont, il più celebre antisemita del tempo, malgrado il suo razzismo e la sua condanna del clero smidollato, mentre in Germania gli ebrei erano considerati gli ispiratori della politica di Bismarck contro la Chiesa e si opponevano anche alle singole emancipazioni in virtù di una filosofia razionalista e illuminista.

Nonostante vi fossero distinzioni tra il singolo ebreo e il giudaismo, uno redimibile, l’altro no, sovraneggiava su tutto lo stereotipo come ben dimostra un settimanale cattolico di Nantes nel 1892: «Che cosa è un ebreo?» chiedeva e rispondeva: «un ebreo è un imbroglione, un ladro e tutto il resto»

Georges Valois
Georges Valois

Non diverso fu l’atteggiamento protestante, meno paranoico perché soggetto al controllo dello stato e non legato a nessuna obbedienza esterna, ma unito nel timore di ateismo, liberalismo e scienza; entrambi reagirono accentuando il proprio nazionalismo e l’impegno sociale.

Entrambi trovarono sostegno nelle origini rurali, nell’immutabile mondo della campagna, che però stava cambiando velocemente, ma comunque non era ancora a rischio come lo erano, invece, le aree urbane.

Ne è un esempio la Lega agricola tedesca, nata nel 1893, che sosteneva l’idea di uno stato cristiano e protestante i cui grandi proprietari fondiari che ne erano al vertice consideravano sia il razzismo che il protestantesimo una parte del loro impegno per il protezionismo agrario

 Situazione non molto diversa in Francia, dove i sindacati agricoli cattolici non erano razzisti, ma conservavano il tradizionale antisemitismo cattolico.

Questi sindacati agricoli vennero fondati nel 1886 da H. Gailhard-Bancel: di carattere religioso (feste sindacali e cattoliche coincidevano), questi sindacati basati sull’autonomia locale erano organizzazioni di braccianti agricoli e di contadini guidati dai proprietari terrieri; essi si opponevano alla centralizzazione dello stato,  consideravano la provincia come la vera Francia (seguendo la tradizione iniziata da Gobineau), e vedevano in ebrei e capitalismo gli strumenti di distruzione che da Parigi minacciavano la campagna.

Camelots du Roi
Camelots du Roi

 La crisi agricola di fine secolo che colpì l’Europa fece degli ebrei il simbolo dell’odiata città, della mancanza di radici e della modernità; a ciò si aggiunga che in molte regioni rurali gli ebrei in quanto commercianti di bestiame erano anche banchieri, con le conseguenti ipoteche ed espropri.

L’antisemitismo francese tradizionale fornì significativamente figure di spicco al regime di Vichy  (Xavier Vallat, dirigente dell’Associazione dei reduci francesi e della federazione cattolica nazionale e ammiratore di Gailhard-Bancel, diventò commissario per la questione ebraica) ma lo scopo era l’isolamento degli ebrei dalla vita pubblica, non il loro sterminio (cui Vallat si rifiutò di collaborare).

Il figlio di Gailhard divenne collaboratore dei nazisti.

L’antisemitismo, di stampo medioevale, appena descritto fu  comune a tutte le regioni sottosviluppate dell’Europa: l’ebreo era diventato l’anticristo e un usuraio.

Action française
Action française

Lo spiega bene un opuscolo sull’omicidio rituale proveniente dalla regione di Bayonne e datato 1889: poiché gli ebrei esercitavano il commercio e l’attività bancaria essi succhiavano la linfa della nazione  e diventavano con l’omicidio rituale letteralmente dei «bevitori del sangue cristiano».

Lo testimonia altrettanto chiaramente la vendita di circa 10000 cartine per sigarette con il disegno dell’assassinio di un bambino cristiano da parte degli ebrei, al confine tra la Serbia e l’Austria.

Questa avversione”istintiva” delle campagna venne razionalizzata dai cattolici che combattevano il laicismo e il liberalismo: ci furono sacerdoti che accusarono gli ebrei, sin dalla rivoluzione a Vienna del 1848, di volersi impadronire dell’Austria con la politica liberale e lo sfruttamento capitalistico e lo stesso pontefice, Pio IX li aveva accusati di fomentare l’anarchia, la massoneria e una generale avversione per la Chiesa ed autorizzò la polemica antiebraica sulle pubblicazioni vaticane (dopo il 1870).

vignetta antiebraica
vignetta antiebraica

L’antisemitismo cattolico, tuttavia, non fu violento perché sostenitore di legge ed ordine; ne fu tipico esempio l’austriaco Karl von Vogelsang, fondatore del cattolicesimo sociale che si oppose al razzismo e all’antisemitismo pangermanico; pur ritenendoli stranieri, liberali ed individualisti, avversari della giustizia e della comunità, Vogelsang ne auspicava la conversione (così come per i protestanti) e si rifiutava di attaccarne la religione.

L’antisemitismo cattolico (Alfred Du Mun e La Tour du Pin) ammirava il Medioevo e giudicava l’ebraismo come avanguardia di un mondo moderno che era anticattolico perché aveva distrutto una società morale basata sugli stati medievali e sul «giusto prezzo».

L’accento cadeva sempre su un cristianesimo comune, e non su una razza comune.

L’antiebraismo cattolico  lo si ritrova bene esplicitato nelle accuse contro il “Talmud” lanciate da August Rohling, canonico, professore di teologia cattolica e poi di lingue semitiche all’università tedesca di Praga.

Egli scrisse un’opera “Talmud-Jude” (1871), che riprendeva le tesi di un lavoro precedente di Eisenmenger, “Giudaismo svelato” (“Entdecktes Judentum”, 1700), che intendeva dimostrare l’immoralità degli ebrei servendosi di citazioni tratte dal “Talmud”.

Francesco Giuseppe
Francesco Giuseppe

I cristiani non si sottrassero alle accuse contro gli ebrei; il benedettino Magnus Schleyer sostenne, nel 1723, che il “Talmud” era il tipico esempio dell’ostinazione degli ebrei, per colpa della quale essi erano stati condannati dalla Bibbia; ci fu inoltre chi affermò che il “Talmud” fosse pieno di esortazioni alla frode, alla lussuria e all’odio verso i cristiani (un’opinione condivisa in eguale misura da laici e cattolici che in altre occasioni erano invece in lotta tra loro).

 Il “Talmud”, che non appartenendo al Canone delle scritture, poteva essere attaccato impunemente, divenne il simbolo della segreta e «pervertita» religione degli ebrei.

Esso fu protagonista di un importante querelle in Germania, nel 1881: la comunità ebraica di Berlino tentò di frenare gli attacchi contro il “Talmud” richiamandosi alla legge tedesca che proibiva si calunniasse una qualsiasi comunità religiosa:

la risposta del pubblico ministero fu emblematica: egli rifiutò di incriminare il giornale che aveva attaccato il “Talmud”, di fatto considerato un trattato razziale ebraico, sostenendo innanzitutto che non era un codice di leggi religiose, che aveva un mero interesse storico, e subordinatamente, affermando che il giornale con le calunnie contro il “Talmud” non aveva attaccato gli ebrei in quanto comunità religiosa (cosa che avrebbe offerto loro un motivo per chiedere la protezione della legge), ma solo in quanto razza e “Volk”.

August Rohling, non ebbe diverso atteggiamento: per lui il “Talmud” era un breviario anticristiano che teorizzava il trattamento dei cristiani come i servi di Baal, cui gli ebrei potevano chiedere qualsiasi tasso di interesse, a praticare con loro la sodomia e a violentare le loro donne.

Sempre Rohling  sosteneva che nel “Talmud”  i cristiani fossero definiti maiali, cani e asini, e che vi fosse esposto un programma per raggiungere il potere mondiale.

Pio IX
Pio IX

Il “Talmud-Jude” ebbe successo non solo in Austria e Germania ma anche presso la stampa francese dove si ipotizzò che il “Talmud” costituisse una vendetta degli ebrei contro il Nuovo Testamento.

Il “Talmud-Jude” parlava anche dell’omicidio rituale  sostenendo che versare sangue cristiano equivalesse a un sacrificio a Dio; non contento Rohling si dichiarò anche disposto a testimoniare, in un processo per omicidio rituale svoltosi nel 1883 a Tisza-Eszlar in Ungheria, che gli ebrei avevano l’ordine di svolgere simili pratiche.

Rohling proponeva una soluzione del problema ebraico contraddittoria: togliere  agli ebrei i diritti civili ma non quelli umani e prevedeva  la loro espulsione dai paesi che li ospitavano perché «sfruttatori dell’umanità»; la sua posizione di cristiano sperava nella conversione ma li considerava comunque la nazione deicida.

Gli ebrei rimasero attoniti di fronte a così violento attacco da parte di un canonico e docente universitario, in un secolo considerato liberale e illuminato; la reazione fu la prudenza, così come avvenne per il caso Dreyfus e così pure, con grave errore di valutazione, le condizioni erano divenute ben diverse, di fronte alle minacce del Terzo Reich.

In realtà ci fu chi reagì: il rabbino di Vienna Joseph Bloch, un uomo eccentrico ed isolato, portò in tribunale Rohling e ottenne una sentenza (1885) secondo la quale «non esiste in tutto il “Talmud” un solo passo in cui si definiscano i cristiani o i pagani o gli idolatri con il nome di animali», ma l’effetto che ne conseguì  fu identico a quello ottenuto da un tribunale svizzero nel 1934, della falsità dei “Protocolli dei saggi anziani di Sion”, cioè pari a zero, il mito era ormai inscalfibile.

Rohling risveglia il mito dell’ebreo anticristo che poi i razzisti faranno proprio ed il “Talmud” sarà utilizzato per dimostrare mancanza di spiritualità (Houston Stewart Chamberlain) oppure l’origine sia del bolscevismo che del capitalismo (Alfred Rosenberg) e infine come testo rivelatore della malvagità ebraica (esposizioni antiebraiche naziste).

Alfred Rosenberg
Alfred Rosenberg

A parte Rohling l’antisemitismo francese e tedesco non ebbero particolari tratti comuni e perciò è bene esaminarli entrambi: la Francia sottolineò l’aspetto cospirativo (presente peraltro anche in Germania) a causa di scandali finanziari e dell’odio cattolico verso la massoneria «ebraica», una presunta associazione segreta ritenuta depositaria del potere durante la Terza Repubblica; la Germania accentuò questi aspetti solo dopo il 1918.

Se pure le idee di Gobineau furono respinte, la metastoria e il razzismo di cui era sostenitore erano arrivate comunque in Francia verso gli anni ’80 del XIX secolo ed il cattolicesimo accettò comunque lo stereotipo ebraico e quanto ne conseguiva.

Le idee cattoliche furono diffuse anche attraverso movimenti politici sia in Austria sia in Francia; in Austria nasce il partito cristiano sociale, fondato da Karl Lueger, sindaco di Vienna tra il 1897 e il 1910: egli fu antisemita e cattolico con idee riformiste in campo sociale.

Il suo successo fu dovuto al malgoverno dei liberali ed alle speranze di una città in notevole sviluppo oltre alla numerosa immigrazione ebraica a Vienna, dalla Galizia e dall’impero russo, considerata un pericoloso nemico dello società cristiana.

L’imperatore Francesco Giuseppe non apprezzava Lueger che però ebbe enorme successo considerando gli ebrei portatori di ateismo, liberalismo, capitalismo finanziario e socialdemocrazia, mali denunciati dai cattolici sociali; la sua politica, mirata a neutralizzare il potere ebraico, sottrasse la rete municipale dei trasporti e servizi pubblici di Vienna alla stretta mortale del capitale straniero (in massima parte inglese).

Dotò quindi Vienna di un buon sistema di autobus e così pure migliori servizi del gas ed elettrici, entrambi di proprietà municipale; riformò anche l’assistenza pubblica, creando istituzioni come ricoveri per i poveri, orfanotrofi comunali e l’ufficio di collocamento comunale, oltre ad aprire servizi sanitari e così pure scuole per gli elementi più poveri della popolazione.

Lueger creò, infine, intorno alla città una cintura di verde; insomma il lavoro avrebbe vinto contro il capitalismo finanziario e la proprietà privata cristiana sarebbe stata salva.

Lueger ebbe grande popolarità ma spaventò gli ebrei viennesi anche se, in realtà, non li perseguitò mai: l’antisemitismo verbale si sostituì all’esclusione degli ebrei dalla vita viennese promessa dal programma elettorale del partito cristiano sociale.

Nonostante una politica ambivalente verso gli ebrei ci fu chi, tra i razzisti, ne fu un ammiratore:  Edouard Drumont che ne sosteneva le riforme a dimostrazione che l’antisemitismo non fosse solo retorica ma anche opere; al contrario Hitler, pur ammirandolo come sindaco, non lo riteneva un autentico razzista.

La Francia sperimentò la medesima unione tra movimento politico di destra, cattolicesimo e antisemitismo, seppur in assenza di esperienze di governo: l’Action française, nata durante l’affare Dreyfus (1899), aveva come scopo la restaurazione dell'”ancien régime” e la riproposizione dello status degli ebrei vigente a quell’epoca, soluzione che avrebbe permesso la scomparsa del problema ebraico.

Karl August von Hase
Karl August von Hase

 L’atteggiamento verso la razza fu comunque complicato: Charles Maurras, leader, asserì che la razza come realtà fisica non esisteva, ma contemporaneamente postulò una razza francese gallo-latina.

L’Action française, sostenuta da parte della gerarchia cattolica, raccolse nel suo seno molti antisemiti e lo stesso Maurras aderì ad iniziative razziste di Drumont; il movimento giovanile denominato «camelots du roi», fu ancor più radicale tanto da organizzare dimostrazioni in piazza, non disdegnando l’uso della violenza fino ad arrivare, nel 1908, all’occupazione della Sorbona per protestare contro un certo professor Thalmas, accusato di avere insultato Giovanna d’Arco.

  I camelots cercarono di ampliare i contatti fino agli anarchici ma senza successo perché i loro iscritti comprendevano prevalentemente studenti, impiegati del commercio e apprendisti.

Analoga esperienza in Germania, dove i giovani di identica provenienza aderirono al movimento cristiano sociale, protestante antisemita, di Adolf Stoecker, condividendo l’opposizione dei camelots al capitalismo finanziario e al socialismo, anch’esso simboleggiato dagli ebrei.

Sia i camelots che i giovani tedeschi, pur avendo origini di tipo religioso, si mostrarono più interessati alla mistica nazionale che alla loro chiesa; in comune avevano anche l’ostentazione pubblica dei simboli identificativi come, ad esempio, il fazzoletto macchiato di sangue del primo camelot ferito nei tumulti del 1908, conservato come se fosse la bandiera dei martiri.

Vi furono però anche differenze: mentre i francesi auspicavano la «guerra santa» contro gli ebrei, i massoni e i repubblicani i tedeschi erano sudditi fedeli della monarchia e perciò si dedicarono agli ebrei e abbracciarono un aperto razzismo dove, invece, i francesi conservarono qualche ambiguità.

Questi studenti e impiegati del commercio prefiguravano la radicalizzazione della destra, avvenuta nella prima metà del secolo ventesimo ed infatti fascismo e nazismo ebbero successo in questo tipo di gioventù in cerca di attivismo, entusiasmo e cameratismo, nè diversamente, in Romania, ove la traduzione dei “Protocolli dei saggi anziani di Sion” fu dedicata agli «studenti romeni», le future truppe d’assalto del movimento.

Il sostegno giovanile alla destra radicale, che sarebbe aumentato dopo la Grande Guerra, era dunque già presente negli ultimi decenni del XIX secolo.

In Francia nacque, nel 1911, un «Cercle Proudhon», presieduto da Charles Maurras, ad opera di intellettuali legati all’Action française ed ispirato da Georges Sorel che univa nazionalisti e sindacalisti:  Proudhon simboleggiava la volontà di distruggere il potere borghese coi suoi derivati democrazia parlamentare e  capitalismo; scopo del circolo era sottrarre le ricchezze ebraiche per consegnarle ai francesi, sostenendo associazioni di piccoli produttori ritenute capaci di combattere sia le classi medie che la democrazia parlamentare.

Borghesi “giudaizzati”, repubblica, protestanti e tedeschi furono i nemici del Circolo che teorizzarono anche l’uso della violenza (al servizio della ragione e in funzione catartica) anche se poi non vi diedero seguito reale.

Alcuni membri del Circolo fondarono un’associazione più pugnace (Georges Valois, movimento fascista francese «Faisceau») ma fu durante le due guerre mondiali che l’attivismo trovò terreno fertile anche se nei gruppi derivati dall’Action française piuttosto che nel movimento madre, alcuni esponenti del quale divennero, malgrado le intenzioni del fondatore, i fascisti degli anni ’20 e ’30.

Alois Hudal
Alois Hudal

Questo quadro evidenzia che la destra reazionaria e tradizionale era molto meno razzista di chi nutriva la volontà di riformare la società con appoggi popolari che utilizzava il razzismo contro capitalismo finanziario e liberalismo.

La fine del XIX secolo vide l’ascesa di una destra radicale che attraverso l’azione sociale e il razzismo si opponeva agli urgenti problemi posti da capitalismo e razionalizzazione di tutti aspetti della vita; i cattolici resistettero a questo razzismo che negava la rinascita cristiana ma rimase ambivalente come testimonia l’atteggiamento del vescovo Alois Hudal, che guidò la comunità cattolica tedesca a Roma negli anni ’30 e ’40.

Pur respingendo razzismo e condannando Gobineau, Chamberlain e Alfred Rosenberg egli arrivò ad accusare di razzismo gli ebrei perché rivendicavano una loro supposta superiorità che si diceva minacciasse la cultura e l’economia della Germania e a sostenere le leggi di Norimberga, viste come misure di autodifesa che miravano ad escludere gli ebrei dalla vita tedesca.

La chiesa, per timore del bolscevismo, si avvicinò ad una destra che la avvelenò tentando di iniettarle il germe del razzismo, tentazione cui era comunque esposta.

Non diversa sorte ebbe il protestantesimo: Adolf Stoecker fu uno zelante missionario, predicatore di corte presso Guglielmo II, fondatore del partito cristiano sociale con il programma in parte di migliorare le condizioni di vita dei lavoratori, ma in parte anche di meglio integrarli nello stato tedesco da poco tempo unito.

Progetto di stampo conservatore, rispetto a quello di  Lueger: Stoecker  chiedeva una tassa sulla borsa valori e leggi contro l’usura, la difesa della mano d’opera tedesca contro la concorrenza straniera e, come il movimento sociale cattolico, favoriva il sindacalismo, considerato come un auspicato ritorno alle corporazioni medievali.

Partito cristiano sociale e movimento sociale cattolico condivisero i nemici: il liberalismo, la socialdemocrazia e il capitalismo finanziario; Stoecker cambiò poi tattica e focalizzò la sua attenzione contro gli ebrei considerati un ostacolo alla giustizia sociale (e un tema politicamente interessante per le masse).

L’antisemitismo di Stoecker non fu violento, anzi riteneva che il battesimo potesse redimere completamente gli ebrei, tuttavia testimoniava la forza dell’antisemitismo pronto  riaffiorare in qualsiasi angolo del vecchio continente.

Stoecker si avvicinò sempre più al partito conservatore tedesco che si fondava su cosiddetti principi cristiani ovvero esaltazione del cristianesimo, della monarchia e della patria, condanna del capitalismo finanziario e appello a respingere l’inammissibile influenza ebraica in Germania (anche se era stato fondato dall’ebreo convertito Julius Stahl) e verso la fine del secolo aveva rafforzato i propri legami con i movimenti antisemiti.

Con il declino della stella di Stoecker i conservatori ricevettero dall’alleanza con la Lega agraria un’ulteriore spinta verso un esplicito razzismo che era stata, invece, temperata grazie agli ideali cristiani e alla fedeltà alla legge e all’ordine.

Charles Maurras in Francia e i conservatori in Germania erano convinti che un’aperta sostituzione del razzismo al cristianesimo avrebbe distrutto l’ordine e l’autorità tradizionali e fatto correre il pericolo di violenze incontrollabili; non a caso l’Action française si oppose al fascismo e i conservatori prussiani al nazionalsocialismo: l’antisemitismo cattolico o protestante poté, in questo modo, essere accettato come un mezzo per rafforzare il vecchio ordine.

La causa antiebraica ottenne rispettabilità anche in un altro modo, grazie all’alleanza con uno dei più rispettati ruoli sociali, in Germania,  quello del docente universitario.

 Heinrich von Treitschke
Heinrich von Treitschke

Emblematico, in materia, fu il famoso articolo di Heinrich von Treitschke, professore di storia all’università di Berlino, sulla questione ebraica (1879).

 Treitschke non era razzista ma se la prendeva in particolare con gli ebrei immigrati in Germania dall’Europa orientale considerati le avanguardie di un’invasione straniera avente l’obiettivo di dominare la borsa e i giornali.

La Germania vista come identificazione di cristianesimo e nazionalità doveva integrare gli ebrei tedeschi mentre doveva escludere quelli provenienti dai ghetti dell’Est che rappresentavano l’esatto contrario degli ideali germanici e cristiani di giustizia sociale, perché privi di rispetto sia per la monarchia che per la patria.

Treitschke, riproponeva, nei fatti, quanto elaborato dall’Illuminismo ai fini dell’assimilazione ebraica: lavoro onesto e buona condotta civica, cui aggiungeva, di origine cristiana, il battesimo.

Come nell’età dell’Illuminismo, lo stereotipo ebraico era rimasto intatto, e per sottrarsi ad esso si pensava che il singolo ebreo dovesse faticare duramente, tuttavia le accuse di origine medievale e cristiana non erano state abbandonate ed anzi avevano ritrovato nuova linfa nei timori per il capitalismo finanziario e le limitazioni imposte dalla società moderna.

 La prima guerra mondiale aveva spinto il cristianesimo ad accentuare le proprie tendenze patriottiche e le chiese, negli imperi austriaco e russo, erano diventate il simbolo della lotta di liberazione nazionale a discapito di universalismo e tolleranza

Le chiese non si opposero efficacemente  alla politica razziale, sebbene ci furono coraggiosi uomini di chiesa che si opposero alla politica nazista di sterminio degli ebrei.

Questi furono trasformati nell’ostacolo al ritorno a una società giusta, cristiana e gerarchicamente organizzata; la loro separazione dall’antico patto  li aveva lasciati senza protezione di fronte al cristianesimo: essi restarono nel loro ormai tradizionale ruolo del malvagio del dramma della salvezza cui aggiunsero una nuova responsabilità, quella di essere i propugnatori e propagatori dei moderni ateismo e materialismo.

L’ebraismo rimase il nemico, anche se il moderno cristianesimo sembrava meno violento dei pogrom; tuttavia l’apparente rispettabilità di una tale posizione venne facilmente travolta da un razzismo più attivo quando apparve un nazionalsocialismo che si sarebbe dimostrato tanto seducente quanto intransigente.

 La maggior parte dei fedeli cristiani furono in un primo momento immuni da questo nazionalsocialismo, anche se alla fine esso infiammò, con il suo entusiasmo, un settore rappresentativo delle varie componenti della popolazione, comprese numerose Chiese.

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